l'intesa

Patto della mascherina Conte-Elkann: Fca ne produrrà 27 milioni al giorno

Franco Bechis

Le autorizzazioni sono arrivate dall’Istituto superiore della Sanità nel cuore di agosto: due il giorno 12, una il giorno 17 e due il giorno 19. Così è partita la più grande produzione di mascherine chirurgiche in Italia dal giorno del via libera contenuto nel decreto Cura Italia. Cinque autorizzazioni, tre per la produzione di mascherine chirurgiche per adulti di tipo tradizionale e due per quella di mascherine chirurgiche pediatriche, dunque per bambini. Le ha ottenute Fca Italy spa, il gruppo automobilistico presieduto da John Elkann, che nel frattempo aveva già attrezzato negli stabilimenti di Torino Mirafiori e Pratola Serra nell’avellinese ben 44 linee di produzione di mascherine inserite in 16 mila metri quadrati su cui impiegare almeno 600 lavoratori. Un investimento notevole che consente a Fca Italy di produrre a regime la bellezza di 27 milioni di mascherine chirurgiche al giorno, colmando da sola oltre la metà del fabbisogno quotidiano nazionale.

Non solo: se le richieste di autorizzazione alla produzione di mascherine usa e getta sono state centinaia in questi mesi, il numero è assai ridotto per quelle pediatriche, e pure non avendo ancora svelato i particolari le due autorizzazioni rilasciate a Fca Italy sono probabilmente da sole in grado di soddisfare il fabbisogno quotidiano della scuola per i più piccoli, ed Elkann grazie all'accordo stretto con il commissario straordinario Domenico Arcurisarà fondamentale per rispettare la promessa di fornitura complessiva a tutte le scuole italiane di 11 milioni di mascherine chirurgiche giornaliere. 

  

È un vero e proprio patto quello stretto da Fca Italy con il governo di Giuseppe Conte che fa della casa automobilistica con le sue mascherine - prodotte a fianco delle linee di assemblaggio della Maserati (Levante, Ghibli e Quattroporte) e della nuova Fiat 500 elettrica - il principale partner industriale dell'esecutivo nella crisi sanitaria dovuta alla pandemia. Qualcosa assai più rilevante di quanto non avesse fatto trasparire Fca Italy quando comunicò di avere «messo a disposizione le nostre eccellenze sul fronte industriale fin dalle prime battute della pandemia, fortemente impegnati con tutte le nostre società con molteplici iniziative a sostegno delle organizzazioni sanitarie italiane e internazionali», che sembrava qualcosa di non dissimile da una iniziativa di beneficienza pubblica. 

Difficile immaginare dopo un accordo di questa portata sul principale tema dell'azione di governo che siano tesi i rapporti fra l'esecutivo Conte e il gruppo di Elkann, che come si sa guida anche Gedi, il gruppo editoriale che ha unito Stampa, Repubblica, Secolo XIX, quotidiani locali, l'Espresso e alcune radio nazionali. 

Nessuna delle altre grandi firme che per vari motivi hanno chiesto ed ottenuto dall'Istituto superiore della sanità l'autorizzazione a produrre mascherine ha numeri in campo paragonabili a quelli messi da Fca Italy. Sono comunque tante a farlo e non solo i soggetti più naturali come quelli legati a gruppi del settore sanità o a quelli tessili come Moncler (con Industries spa che ha ottenuto 4 autorizzazioni) e Calzedonia per cui è stato più facile affiancare la produzione di mascherine. 

Vuoi per beneficienza, vuoi per avere autonomia nelle forniture per i propri dipendenti, sono entrati nel settore anche la Michelin Italia (pneumatici), la Comau che è sempre del gruppo Fca, la Brembo di Alberto Bombassei (produce freni), Rete ferroviaria italiana, l'Agenzia Industrie della Difesa e la Natuzzi che ha ottenuto due autorizzazioni a maggio e giugno.