"democrazia a rischio"

Clamorosa giravolta del Pd: pronti al no al taglio dei parlamentari

Il Partito democratico potrebbe ripensarci sul taglio dei parlamentari. A dare voce al malcontento del Nazareno per una riforma più "subita" che realmente sostenuta è Goffredo Bettini, "padre politico" del segretario Nicola Zingaretti che in un'intervista a Repubblica collega la possibilità di votare no al referendum confermativo della riforma costituzionale legando il motivo del dissenso alle mancate modifiche della legge elettorale.

Non erano un mistero le perplessità del Partito democratico sulla sforbiciata che ha ridotto i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Mugugni dovuti sostanzialmente al rischio che, specie per quanto riguarda il Senato, la rappresentanza di alcuni partiti nelle regioni più piccole avrebbe potuto essere messa a repentaglio. Era stato per questi motivi che Zingaretti, all'epoca della formazione del governo giallo-rosso, aveva condizionato il Sì dei democratici all'ultimo passaggio parlamentare della riforma alle modifiche da effettuare poi sulla legge elettorale.

  

Sembrava tutto andare per il meglio - con un sostanziale accordo di maggioranza su un modello proporzionale - quando i renziani hanno fatto saltare il banco. La riforma elettorale è stata così rinviata a dopo l'estate. E, con il referendum costituzionale fissato il 20 settembre, presumibilmente non ci saranno ulteriori passi in avanti prima del voto confermativo con i cittadini. E' per questo che Bettini ha rimesso tutto in gioco. "Non è nostra la responsabilità di aver fatto saltare l’accordo sulla legge elettorale sottoscritto da tutta la maggioranza. È un fatto molto grave che indebolisce le ragioni del sì al referendum di autunno. Senza una riforma istituzionale e elettorale, dimezzare i parlamentari può essere perfino pericoloso per il regime democratico. La situazione si complica. Vedremo", queste le parole dell'esponente romano del Pd.

Parole di chi chiede subito conto il fronte del no al referendum. «Il Pd chieda dunque di votare NO come +Europa e si eviterà una mutilazione irrazionale della costituzione. Come era previsto non si è cambiata la Legge Elettorale e nulla della Costituzione. Il PD doveva imporre discontinuità e invece il M5S detta la sua agenda populista e antipolitica" ha twittato Benedetto Della Vedova.

Ma a chiedere coerenza ai democratici è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che su Facebook ha rivendicato la riforma: «Si tratta di una delle tante promesse mantenute dal MoVimento. Il 20 e il 21 settembre si voterà anche il referendum sul taglio dei parlamentari, una riforma che ho fortemente voluto e per cui sono stato attaccato in ogni modo. Raccontavano che sarebbe caduto il governo. Hanno fatto terrorismo psicologico in ogni sede. Ma non abbiamo mai mollato. E il 20 e il 21 voteremo per ridurre i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200, con grandi risparmi per le casse dello Stato e dei cittadini. Il 20 e il 21 settembre possiamo cambiare la storia e riportare l’Italia ad essere un Paese normale» ha scritto l'ex capo politico del M5s.