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RecoveryFund, centrodestra in ordine sparso. E l'irrilevanza è assicurata

Massimiliano Lenzi

In politica ci sono due modi di partecipare a una partita decisiva: scendendo in campo oppure facendo da spettatori. Lo spettatore può tifare a favore o contro una squadra ma lì si ferma. Chi gioca invece può dimostrare i suoi talenti o i propri limiti e, alla fine, vincere o perdere la sfida. Il dramma del centrodestra italiano - in questi giorni in cui Giuseppe Conte è stato protagonista, in quanto premier italiano, in Europa per la battaglia sul Recovery Fund - è di aver troppo guardato e per nulla giocato.

 

  

Non che Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi potessero volare a Bruxelles e fare irruzione al vertice europeo, quello no. Ma anziché limitarsi a dare i voti a Giuseppe Conte ed a dire «nun gliela ffà», beh potevano trovare una linea comune di proposte concrete e martellare su quelle. Il risultato è che alla fine il centrodestra si è ritrovato in ordine sparso mentre Conte rientrava in patria annunciando di aver spuntato 209 miliardi di euro.

 

Uscendo dalle diverse propagande politiche, del premier e della sua narrazione che scomoda addirittura il cucchiaio di Francesco Totti all’Olanda (per dire Rutte - il premier olandese - lo abbiamo battuto) e di Matteo Salvini che dice invece che all’Italia è arrivata una grossa fregatura, cerchiamo di capire come sono mutati gli equilibri politici dopo il vertice europeo. Primo: il centrodestra appare in ordine sparso, con Salvini che fa opposizione dura e pura, dicendo che Conte ha incassato una fregatura per l’Italia e gli italiani. Con Giorgia Meloni su una posizione intermedia, dura verso gli olandesi ma meno definitiva, in negativo, su Conte e la sua trattativa in Ue, rispetto alla linea dura di Salvini.

 

Poi ci sono Silvio Berlusconi e Forza Italia, partito europeista del centrodestra italiano, pronto anche a votare il Mes. Sul versante governativo il ruolo da premier di Conte e il vertice europeo gli hanno ridato il centro della scena, mettendo in secondo piano il Pd di Nicola Zingaretti, i vivaisti italiani di Matteo Renzi, i grillini e Luigi Di Maio e pure la sinistra di Speranza. A questo punto, dunque, dire che Conte in Europa ha perso, beh, è una solenne minchiata. La domanda da porsi è semmai un’altra, e i primi a porsela dovrebbero essere i partiti di opposizione del centrodestra: la gran parte dei 209 miliardi di euro che Conte sbandiera potranno essere spesi subito, ancor prima che arrivino, ovvero nel 2021? Perché se l’Italia potrà tornare a spendere da subito in deficit, congelando le tasse alle partite Iva, ai ristoratori, agli autonomi, alle imprese in difficoltà, dando soldi ai disoccupati e sostenendo la cassa integrazione per chi ne ha bisogno, aiutando i nuovi poveri e ridando soldi anche ai comuni, allora Conte politicamente durerà tutta la legislatura e pure alle regionali di settembre il centrodestra dovrebbe preoccuparsi di un ritorno di consensi dei partiti che sostengono lui ed il suo governo. Se invece l’Italia non potrà spendere da subito allora il consenso del governo e di Conte necessariamente andrà calando. Perché per vincere una guerra non basta vincere una battaglia. Anche se Conte la sua, in Europa contro Rutte ed i frugali, l’ha vinta.