PROCESSO CHIUSO

Lo stalker della Meloni "delirante e pericoloso": le motivazioni della condanna

Andrea Ossino

Le minacce saranno anche state virtuali ma la paura patita dall’onorevole Giorgia Meloni a causa delle attenzioni riservatele dallo stalker Raffaele Nugnes è più che reale. Del resto le pagine con cui il giudice Eleonora Santolini ha motivato la condanna a due anni di reclusione emessa nel maggio scorso ricordano come “le minacce rivolte alla deputata” siano maturate “in un contesto di per sé inquietante, attraverso un linguaggio violento”.

Una realtà basata su ricostruzioni fantasiose, ma che ha portato la combattiva leader di Fratelli D’Italia a essere descritta dal magistrato come una “vittima vulnerabile” precipitata in “un profondo stato d’ansia e paura per le sorti della sua bambina”. Uno stato di agitazione così grave che “la notte non ha fatto dormire la deputata, costretta a intensificare le misure di protezione della piccola, tenuto conto del suo lavoro di parlamentare che la conduce fuori casa”.

  

L’uomo, 43 anni e originario di Caserta, nel giugno 2019 ha preso di mira la Meloni sostenendo che la figlia dell’onorevole in realtà sarebbe sua figlia. "Io questo uomo non l'ho mai visto né conosciuto - ha raccontato Giorgia Meloni ai giudici nell'udienza del 29 gennaio scorso - ma il mio modo di vivere è ovviamente cambiato. Se questa persona pubblica un messaggio di questo tenore - "hai tempo tre giorni per venire dove sai, se non vieni sai cosa succede, vengo a Garbatella... "-  voi capirete bene il mio stato d'animo. Io non mi sono mai accorta di aver ricevuto quei messaggi. Lui li pubblicava solo sulla sua pagina Facebook".

E ancora: “Ho paura per mia figlia che ha appena 3 anni. La notte non dormo per questa vicenda, per le minacce che quest'uomo mi ha rivolto via Facebook. Lui sosteneva che gliel'ho strappata, che la bambina era sua, che prima o poi sarebbe venuto a riprendersela a Roma. Io vivo spesso fuori casa e il mio stato d'ansia è enormemente cresciuto perché ho dovuto prendere particolari cautele. Non bastava più la baby sitter per controllare mia figlia", ha continuato la Meloni spiegando di aver appreso “dei messaggi minatori solo quando, più o meno in contemporanea sono stata allertata dalla Digos e da mia sorella: le era arrivato un video intimidatorio riconducibile all'imputato".

L’uomo avrebbe anche ventilato la possibilità di fare una strage se la Meloni non lo avesse incontrato. Secondo il perito nominato dal Tribunale di Roma, il professor Andrea Baldi, l’imputato presenta una capacità di intendere e di volere “grandemente scemata”, è affetto da un disturbo delirante e può essere pericoloso

Ma a destare sconcerto, scrive il giudice nelle motivazioni, sono anche le “numerose persone che hanno partecipato al dibattito intavolato via social, assumendo, in taluni casi l’aprioristica difesa dell’imputato”.