premier all'angolo

Giuseppe Conte in bambola, così svicola con Giorgia Meloni e Matteo Salvini

A voler asciugare i concetti, il succo della doppia informativa alla Camera e al Senato di Giuseppe Conte si è rivelato un appello all’unità rivolto non solo alle opposizioni - la Lega peraltro ha abbandonato l’aula in segno di protesta, giusto per far capire subito l’antifona, i parlamentari di Fratelli d’Italia non sono neanche entrati, ma non Forza Italia che resta invece tra i banchi - ma anche ai partner europei. Al di là degli Stati Generali, delle polemiche sulla location di Villa Pamphili, sugli aperitivi e i broccati, il premier ha voluto fare capire che, se magari può apparire eccessivo il concetto di (ri)fare l’Europa, venerdì al Consiglio Ue verranno gettate le basi per la ricostruzione post Covid. Negli Stati Uniti la chiamano pomposamente ’reboot’. «È il momento di agire in piena coesione per evitare che l’Italia perda una doppia sfida: quella europea e quella, forse più difficile, di riformare alcune criticità», la narrazione anche emotiva del presidente del Consiglio. 

 

  

Conte gradirebbe non doversi guardare dalle faide nazionali per poter giocare la sua partita internazionale, a Bruxelles, là dove quasi nessuno ci ama. Il libro dei sogni, a fiutare l’aria che tira. «Bisogna raggiungere il prima possibile il consenso su Next Generation, una decisione tardiva sarebbe un fallimento», la stella polare dell’Italia. Ma sul Recovery Fund «le posizioni sono ancora distanti», ricorda il Capo del governo, pensando a Olanda, Austria, Danimarca, insomma a tutti quei Paesi che non vogliono fare regalìe a nessuno e che, al massimo, accetterebbero l’idea di un prestito da restituire a stretto giro di posta. Conte si è preso il merito di aver proposto e portato avanti l’idea del fondo quando invece ci accusarono «di essere visionari», però ha sostanzialmente tenuto un profilo basso. Si è acceso solo quando ha dovuto e voluto sottolineare che una chiusura su Next Generation significherebbe minare «la ripresa dei Paesi più colpiti dalla crisi». Cioè dell’Italia. Teme, Conte, un «compromesso al ribasso», ma resta il fatto che appena le risorse saranno disponibili e il quadro sarà definito nel suo perimetro il governo andrà alle camere per raccogliere proposte e suggerimenti: l’incontro di venerdì «avrà una natura solo consultiva per fare emergere convergenze e dissensi. Prima di un accordo definitivo sarò in Parlamento per chiedere il vostro voto alla luce proposta formale dell’Italia». In sostanza, i soldi dell’Europa «non saranno gestiti come un tesoretto».

 

Ma è proprio sulla questione delle proposte e dei suggerimenti che l’opposizione ha trasformato la doppia seduta in un contraddittorio feroce. I leitmotiv è che in questi mesi nulla di quanto è stato suggerito da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia ha trovato riscontro. «La lasciamo solo con le sue chiacchiere», il colpo di lama di Francesco Lollobrigida, luogotenente di Giorgia Meloni. «Lei coniuga verbi al futuro ma il futuro è adesso», la sottolineatura della forzista Anna Maria Bernini. E Salvini? Una polemica con Renzi («Ho sentito interventi surreali, il problema non è la cig che non arriva ma Trump e il sovranismo») e una botta alla Cina («Ci hanno contagiato e noi compriamo i loro monopattini»), prima di scatenarsi con le proposte: abbracciare il modello Genova, cancellare 8 milioni di cartelle esattoriali, copiare i francesi sul turismo e la Germania sui pagamenti in contanti. Venerdì è vicino, Conte ha detto che non si possono deludere gli italiani e che il governo lavora «soprattutto per una cosa: la fiducia dell’Italia». Tanta roba. 

 

Nella conferenza stampa conclusiva della giornata di Villa Pamphili il premier si è detto «disorientato» dalle opposizioni. «Oggi mi hanno sorpreso, in realtà sono un po’ disorientato. Le ho invitate qui, in questo luogo di alta rappresentanza del governo ed è stato detto che non andava bene, che non era istituzionale. Poi mi hanno detto ‘vieni in Parlamento’ e oggi si sono allontanati», non entrando però nel merito delle critiche dell'opposizione.