lo scandalo

Caso mascherine, Donzelli (FdI): le compravano per loro ma dicevano che non servivano

Pierpaolo La Rosa

Speravo che tutti avessimo preso un grande abbaglio, perché amo l’Italia al di là di ogni polemica. Speravo di essere smentito da Federico D’Incà, e auspicavo la presenza in Aula di Giuseppe Conte: mandare, invece, il ministro per i Rapporti con il Parlamento è stato un atto abbastanza vigliacco, sinceramente». Non ha peli sulla lingua, come ogni buon toscano che si rispetti, Giovanni Donzelli, il deputato di Fratelli d’Italia che ieri è intervenuto nell’emiciclo di Montecitorio, durante il question time, in occasione dell’interrogazione presentata da FdI sul maxi-ordine di dispositivi di protezione individuale e quant’altro, effettuato lo scorso 26 febbraio da palazzo Chigi, e segnalato da Il Tempo. Per approfondire leggi anche: Conte s'è fatto l'ospedale a casa Donzelli, non è rimasto soddisfatto dalla spiegazione di D’Incà… «Assolutamente no. D’Incà è venuto a leggere una risposta inadeguata, che gli avevano scritto, in cui si prova a negare l’evidenza. Vogliono far passare il messaggio che quegli acquisti erano già previsti, con tanto di riferimento al presidio sanitario della presidenza del Consiglio che esiste dal 1994 a via della Mercede, a Roma. Non credo che siano sempre stati sommersi, appunto alla presidenza del Consiglio, da mascherine e gel disinfettanti. Non sapevano cosa dire, sono stati presi con le mani nella marmellata e hanno fatto finta di nulla. Una figura imbarazzante». Che cosa l’ha sorpresa di più delle giustificazioni del governo? «Io non mi stupisco che all’inizio dell’emergenza si sia messo in sicurezza il vertice dell’esecutivo, anche se Conte non mi piace. Su questo, non cedo al populismo grillino sulla casta. Il problema, però, è che poi sono stati lasciati passare altri 20 giorni, da quel 26 febbraio, per mettere in sicurezza medici ed infermieri. Non è che dopo che ti sei messo al sicuro puoi metterti in panciolle ed aspettare che l’epidemia si diffonda». Secondo lei, i ritardi sono stati determinanti? «Purtroppo sì. Occorreva pensare subito alle persone impegnate in trincea negli ospedali, piuttosto che mandare le prime mascherine con un materiale che sembrava quello dello scottex o andare ad abbracciare i cinesi. Nei primi giorni dell’emergenza dicevano che le mascherine non servivano a nulla, ma loro si erano messi in sicurezza, e questo è stato sgradevole. Nelle 48 ore successive alla nota del 26 febbraio dell’ufficio medico competente per la fornitura a palazzo Chigi, avrebbero dovuto pubblicare il bando per far arrivare i Dispositivi di protezione individuale agli italiani in giornate cruciali per arginare la diffusione del coronavirus. Da parte del governo la risposta, su questo aspetto, ieri non c’è stata».