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Sull'eutanasia il Parlamento si arrende: decidono i giudici

Manuel Fondato

È scattata quasi ovunque la consueta moratoria di agosto, quando il cartello "chiuso per ferie" ha la priorità ovunque. Naturalmente non sfuggono anche le istituzioni parlamentare dove i lavori riprenderanno il 2 settembre. Alla ripresa il calendario della Camera non prevederà lavori sulla proposta di legge sull'eutanasia, come ha spiegato, al termine della conferenza dei capigruppo di Montecitorio, il presidente Roberto Fico, che ha preso atto della mancanza di un'intesa nel comitato ristretto, nel corso dei lavori delle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera. Troppo distanti le posizioni tra le due anime della maggioranza, che su un tema da maneggiare sempre con cura, la pensano (al solito) all’opposto e l’opposizione, per trovare una sintesi su un testo base. A decidere farà prima la Consulta, che si riunirà il 24 settembre per pronunciarsi sul caso di aiuto al suicidio che vede coinvolto Marco Cappato dell'Associazione Coscioni nella vicenda di Fabiano Antoniani, detto dj Fabo, deceduto in una clinica svizzera con il suicidio assistito Questa data rappresenta anche la dead line fissata per riempire il “vuoto normativo costituzionalmente illegittimo”. Proprio in riferimento al caso Cappato, il Comitato Nazionale di Bioetica ha diffuso un suo primo parere, favorevole, sul suicidio medicalmente assistito, nel quale specifica che è diverso dall’eutanasia. Il 24 settembre era stata scelto come termine ultimo già nell’ottobre scorso dalla Corte costituzionale, prima di emettere la sentenza sul caso di Marco Cappato a processo per la morte di Dj Fabo, grazie a cui si era aperta una questione di “sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale”, cioè il reato di istigazione al suicidio. Per evitare che alla lentezza del potere Legislativo sopperisca quello Giudiziario si è mosso anche il senatore di Identità e Azione Gaetano Quagliarello proponendo  una lettera “multipartisan” di parlamentari da inviare ai presidenti di Senato e Camera, affinché sia il Parlamento a discutere del fine vita in tempo utile prima dell’udienza della Corte Costituzionale del prossimo 24 settembre. “Il tempo che ci separa dall’udienza del 24 settembre –ha spiegato l’ex ministro– è limitato ma non certo insufficiente perché il Parlamento dia fattivamente prova di voler ottemperare alle proprie responsabilità”. Quagliariello è sicuramente memore di un altro caso celebre in cui i giudici fecero il lavoro del parlamento, quello di Eluana Englaro nel febbraio 2019. In quel periodo era capogruppo del Pdl al Senato, durante l’ultimo Governo Berlusconi. L’Esecutivo, con il protocollo per porre fine alla vita della giovane in stato vegetativo dal 1992, autorizzato dalla Magistratura, tentò di contrastare questa disposizione con un’iniziativa politica “last minute”. Il 6 febbraio 2009 il Consiglio dei Ministri approvò un decreto legge per impedire la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione dei pazienti. In precedenza il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio Berlusconi indicando forti perplessità circa l'ipotesi di intervenire per decreto sull'attuazione della sentenza e riserve sulla costituzionalità dello stesso. Il Capo dello Stato non firmò il testo e ciò provocò un durissimo scontro istituzionale. Alle ore 20 il Consiglio dei Ministri approvò infatti un disegno di legge con gli stessi contenuti del decreto precedentemente rifiutato, che fu immediatamente trasmesso al Senato, convocato per discuterne in sessione straordinaria il 9 febbraio 2009. Il dibattito fu interrotto dalla sopraggiunta morte di Eluana. A Quagliariello non restò che urlare tutta la sua rabbia per una sconfitta che fu anche del Parlamento.