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Il salva-banche del cambiamento

Franco Bechis

Con una riunione straordinaria durata in tutto dieci minuti ieri a tarda sera il consiglio dei ministri del governo gialloverde guidato da Conte ha approvato un decreto legge che salva dai guai la Cassa di risparmio di Genova, scritto da manine e manone. Le stesse che in altri tempi e con altre maggioranze scrissero i decreti su Mps, sulle banche venete, e pure quello sulla risoluzione di Banca Etruria e le altre tre consorelle. Per salvare la banca di Genova per cui la Bce ha fatto scattare il 2 gennaio scorso il commissariamento il governo ha approvato il testo di un decreto legge dal titolo «Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio» che mette in campo due tipi di interventi secondo quello che è trapelato dalle prime notizie. Il primo è quello di fornire la garanzia statale da parte del ministero dell'Economia su passività di nuova emissione (bond Carige per la ripatrimonializzazione) e su finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia. Non avendo divulgato i dettagli del decreto né la relazione tecnica, ieri sera non era possibile valutare l'ammontare di questa garanzia, ma il tipo di soluzione escogitata è identica a quella che fu usata dal governo di Paolo Gentiloni con il decreto sulle banche venete. La seconda ipotesi affrontata dal decreto e inserita nel comunicato ufficiale di palazzo Chigi è quella dell'intervento diretto dello Stato nel capitale di Carige per evitare guai con gli stress test. L'hanno scritto così: «in considerazione degli esiti del recente esercizio di stress cui la banca è stata sottoposta, viene prevista la possibilità per Carige di accedere - attraverso una richiesta specifica - a una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale, volta a preservare il rispetto di tutti gli indici di patrimonializzazione anche in scenari ipotetici di particolare severità e altamente improbabili (cosiddetti scenari avversi dello stress test)». Nella sostanza è la soluzione che fu ipotizzata e poi realizzata per il Monte dei Paschi di Siena quando premier era Matteo Renzi. Nei due casi precedenti il ministro dell'Economia era Piercarlo Padoan, in questo è Giovanni Tria. Ma la vera mente dei testi di intervento sul sistema bancario fu allora Alessandro Rivera, che aveva la responsabilità delle banche al vertice del Tesoro ed è oggi sempre lui, che è il gran capo del Tesoro nella nuova era politica. Di cambiamenti come si vede ce ne sono assai pochi. Un po' perché le soluzioni tecniche non sono infinite, un po' perché sia Lega che Movimento 5 stelle devono avere realizzato che la piazza è una cosa, la responsabilità di governo un'altra. Oggi si vendono la stessa ricetta che negli ultimi due anni hanno contestato con violenza come un intervento a fianco dei risparmiatori. E in qualche modo lo è: almeno nel caso delle banche venete quando il governo intervenne la frittata era ormai fatta, qui su Genova il paracadute si è aperto prima che la tempesta portasse via i risparmi di tutti. Ma quella garanzia statale che oggi si fornisce è identica a quella che provocò tumulti e grida grilline in Parlamento - con tanto di lancio di soldi finti nell'aula del Senato - quando la si fornì alle banche venete. Contro quella soluzione in Veneto come contro l'intervento su Mps a Siena gridò dal suo blog perfino Beppe Grillo, e chissà se lo farà anche oggi per criticare il governo a 5 stelle e il salvataggio della banca simbolo della sua Genova. Perché oggi come allora il favore il governo lo fa ai risparmiatori, ma anche ad azionisti privati che sono stati in questi anni non proprio sulla luna quando l'istituto stava accumulando guaio dopo guaio...