LA BUFALA DELLA TRATTATIVA

"Berlusconi vittima della mafia". Chi lo dice a Di Maio?

Luca Rocca

Si rassegnino il pm Nino Di Matteo e il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio; si rassegni il primo, che legge la sentenza del processo sulla "trattativa" Stato-mafia come la prova della "correlazione" fra Cosa nostra e Silvio Berlusconi; e si rassegni anche il secondo, che tenta di approfittare della condanna di Marcello Dell’Utri per met- tere all’angolo Matteo Salvini. Si rassegnino, dunque, perché la pronuncia della Corte d’Assise di Palermo stabilisce una cosa ben diversa, e cioè che Berlusconi, nella sua veste di presidente del Consiglio dall’aprile del 1994, è stato vittima delle minacce della mafia. Per chi vuole prendere per buona la sentenza del giudice Alfredo Montalto, dunque, Dell’Utri è «colpevole del reato ascrittogli» limitatamente «alle condotte contestate come commesse nei confronti del governo presieduto da Silvio Berlusconi». Il reato su cui la procura di Palermo ha puntato, infatti, è il 338 del codice penale, che parla di «violenza o minaccia» a un Corpo politico dello Stato. La tesi dei pm è che dopo l’arresto di Totò Riina, i boss Giovanni Brusca e Leoluca Bagarella, verso la fine del 1993, contattarono l’uomo che negli anni ’70 fu stalliere ad Arcore, Vittorio Mangano, per dirgli di recarsi da Dell’Utri e riferirgli che se non avessero ottenuto qualche beneficio di legge avrebbero ripreso la strategia stragista. Dell’Utri, perciò, si sarebbe recato da Silvio Berlusconi e lo avrebbe minacciato, costringendolo a varare provvedimenti a favore di Cosa nostra. È questa, dunque, la tesi accolta dalla Corte d’Assise di Palermo. Non a caso, la presidenza del Consiglio, così hanno deciso i giudici, deve essere risarcita con 10 milioni di euro proprio perché Berlusconi risulta essere vitti- ma delle... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI