ipocrisia sinistra

Fazio contro il gioco. Ma i soldi li ha presi

Filippo Caleri

Fabio Fazio vuole eliminare il gioco in Italia. Probabilmente tutte le forme di scommesse regolamentate da leggi dello Stato visto che, quello d’azzardo, è già fuori legge come da precisa indicazione dell’articolo 110 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Insomma la lista di quelli che condannano lotto, lotterie, scommesse e slot machine, si arricchisce di un nuovo adepto. E anche se, cristianamente parlando, chi è senza peccato scagli la prima pietra, un appello del genere da Fazio è leggermente fuori luogo. Già, proprio il conduttore, dal 1998 al 2003, è stato il testimonial d’eccezione del gioco italiano per antonomasia: quello del Lotto. Che di famiglie ne ha comunque rovinate (basta citare le 182 settimane di latitanza del 53 sulla ruota di Venezia e i patrimoni andati in fumo per rincorrerlo). Da quale pulpito viene la predica, insomma. Anche perché per prestare la sua immagine e motivare gli italiani a puntare sui novanta numeri del bussolotto, il conduttore si è messo in tasca, dal 2001 al 2003, una somma di poco superiore ai tre milioni di euro iva inclusa. Qualcosa come 1,116 milioni (Iva inclusa) solo nell’ultimo anno del contratto. Facile dunque sparare, oggi, sul gioco, magari ammiccando ai buoni propositi del grillino d’assalto, Alessandro Battista, che ha attaccato (anche lui) il gioco nel corso della trasmissione «Che Tempo che fa» di domenica scorsa. Una puntata nella quale anche Di Battista non ha certo brillato per chiarezza di idee. All’inizio il grillino ha, infatti, spiegato: «Le coperture per il reddito di cittadinanza? Ne indico subito una. Nessuno sta parlando del dramma del gioco d’azzardo, delle slot machines, di questa vera e propria tassazione sulla disperazione che c’è. Ci sono cittadini oggi che si giocano i loro micragnosi stipendi per colpa del sistema politico in qualche sala slot nella speranza di portare a casa una piccola vincita per pagare per un mese le bollette». Dunque la prima tesi del pentastellato è stata di fatto più tasse sul gioco. «Io voglio innalzare la tassazione del gioco d’azzardo e riteniamo di essere gli unici in grado di farlo perché non abbiamo conflitto di interesse con le concessionarie. Ci sono state delle Fondazioni finanziate dalle concessionarie che a loro volta finanziavano i partiti politici. Questo è il conflitto di interessi» ha chiosato Di Battista. E fin qui è chiaro che la ricetta grillina è analoga a quella della sinistra: «Più tasse su tutto». Poi è arrivato l’intervento a gamba tesa di Fazio: «Senta onorevole, sul gioco d’azzardo, per me sarebbe una grande idea toglierlo anziché aumentare le tasse. Ci dimentichiamo, ma fino a qualche anno fa non esisteva e vivevamo benissimo lo stesso. E c’era un sacco di gente che evitava di rovinarsi».  A quel punto l’esponente dei cinque stelle, scavalcato dal conduttore, è stato costretto a seguirlo sullo stesso terreno: «Io sono d’accordissimo con lei e la ringrazio» ha chiuso Dibba. Che a quel punto è però rimasto vittima del suo teorema: più tasse o abolizione? Non chiarito. Quello che va invece reso palese nel Paese della doppia morale, malattia tipica di una buona parte del centrosinistra, è che il gioco è tutto legale perché regolato da leggi dello Stato (che con la sua presenza ha di fatto tolto una fetta di guadagni immensi dalla criminalità organizzata) e che il settore assicura ogni anno alle casse dello Stato circa 10 milardi di gettito e dà lavoro a 130 mila persone.