Dalle mazzette del Ventennio a Cremona. Tutti gli scandali degli ultimi novant’anni

Calcio disonesto, calcio corrotto, calcio immorale. Parafrasando Bill Clinton, «it’s the football, stupid»! Almeno in Italia. Il nuovo scandalo che si è abbattuto sullo sport che ogni domenica tiene incollati milioni di italiani davanti alla tv, è solo una ripetizione di quanto già avvenuto in anni recenti, remoti e persino prima dell’avvento della Repubblica. Campionati falsati, giocatori venduti, promozioni comprate, sono una sorpresa solo per pochi. Per risalire al primo scandalo del calcio italiano, occorre portare la memoria indietro fino al Ventennio fascista, alla stagione 1926/1927, quando la Figc indaga sul tentativo compiuto da un dirigente del Torino di corrompere il difensore della Juventus, Luigi Allemandi. Prezzo offerto al terzino bianconero, 100mila lire, 50 dei quali dati in anticipo in cambio della garanzia di una vittoria certa per i granata nel derby. Risultato? Scudetto ritirato al Toro e mai più assegnato. Qualche decennio dopo deflagra il Totonero. È il 1980 quando due commercianti inviano un esposto alla procura di Roma sostenendo che alcuni giocatori della Lazio li avevano truffati inducendoli a scommettere su alcune gare combinate. La denuncia porta all’arresto, effettuato dentro gli stadi a fine partita, di calciatori famosissimi come Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Ricky Albertosi. Inviti a comparire, invece, per Paolo Rossi, Oscar Damiani, Beppe Savoldi e Giuseppe Dossena. Tutti assolti penalmente, ma Milan e Lazio finiscono in B e molti dei giocatori coinvolti squalificati. Sei anni più tardi esplode il Totonero-bis, un giro di denaro per scommettere e truccare le partite «confessato» anche da alcuni dirigenti. Ed è il 2001 quando il calcio italiano rimane invischiato nel caso dei passaporti falsi per la naturalizzazione dei giocatori extracomunitari. Inter, Milan, Sampdoria, Lazio e Roma le squadre «incriminate», Alvaro Recoba tra i giocatori puniti. E siamo al simbolo dell’ignominia, lo spartiacque del 2006, ossia Calciopoli, per molti «Moggiopoli», da Luciano Moggi, ex direttore generale della Juventus, additato come il «mostro» capace di decidere le sorti di una partita condizionando designatori arbitrali e «giacchette nere». Un «colpevole a prescindere», Lucianone, che in realtà è in buona compagnia. Di certi «indicibili condizionamenti», infatti, sono protagonisti anche Giacinto Facchetti per l’Inter e Leonardo Meani per il Milan. Le intercettazioni dell’inchiesta che immortalano la voce di Moggi vengono diffuse, ascoltate e riascoltate, ma molte di quelle riguardanti le altre squadre rimangono a lungo nel cassetto. Tutto ciò mentre il video col presunto taroccamento del sorteggio che in teoria avrebbe dovuto incastrare l’allora dg bianconero, scompare dagli atti. L’inchiesta penale su Calciopoli finisce con due soli arbitri condannati su nove accusati, la prescrizione per Moggi e la conferma dell’esistenza di una associazione a delinquere finalizzata a truccare il campionato 2004-2005. Il filone sportivo, invece, riconosce la Juve colpevole di illecito, la manda in B, le toglie lo scudetto 2004-2005 e non le assegna quello dell’anno successivo. Nel 2011 è ancora Calcioscommesse. Coinvolte squadre, dirigenti e calciatori di serie A e B, della Lega Pro e dilettanti. I nomi che spiccano nell’indagine della procura di Cremona sono quelli di Cristiano Doni, Stefano Bettarini e Giuseppe Signori. Nel giugno 2013 il calcio finisce ancora nel pallone. Stavolta l’accusa è riciclaggio, associazione per delinquere, truffa ed evasione fiscale. Fra le squadre coinvolte Napoli, Juve, Inter e Milan. La retata di ieri non ha sorpreso nessuno.