Insulti e messe negate per Mussolini
Esiste un confine di fronte al quale si dovrebbe spegnere quell’istinto tutto italiano che ci vuole sempre Guelfi e Ghibellini? Sì, esiste, ed è la morte. Peccato che questo limite non viene osservato quando alla figura di chi vi incappa si legano i livori, i risentimenti e le veemenze di chi è in vita. Amaro principio che fa girare la giostra scatenatasi, anche quest’anno, di fronte alle commemorazioni religiose di Benito Mussolini. Freniamo i benpensanti. Parlare di questo non è provocatorio, ma serve a spostare la visuale su quel passo di troppo dopo aver compiuto il quale si finisce colpevolmente in un terreno che appartiene solo al religioso e all’ultraterreno. Attorno alle celebrazioni religiose sulla morte di Mussolini si ritrova a ruotare una macedonia manichea, dove si mescolano tentativi di «attualizzare» il Ventennio da una parte e la corsa alla censura indignata dall’altra, in virtù della quale la parola «Mussolini» consegna una sorta di passaporto per compiere ogni genere di nefandezze. Come è accaduto a Catania. La facciata della Chiesa di Santa Maria della Guardia, dove ieri sera è stata celebrata una Messa in ricordo del Duce, è stata deturpata con scritte contro il fascismo e inneggianti al comunismo. E, accanto alla porta, sono state appoggiate delle bottiglie contenenti urina. A Reggio Calabria, invece, la Messa, inizialmente era stata programmata. Scatenando una pioggia di censure. «La messa per Mussolini – aveva dichiarato la deputata Pd Vincenza Bruno Bossio – è una iniziativa aberrante». Il Presidente Provinciale dell’Anpi di Reggio Calabria, invece, aveva sostenuto: «Nessun parroco e nessuna Chiesa dovrebbero dare la possibilità di trasformare una cerimonia religiosa in una iniziativa politica». La Curia, poi, ha ritenuto opportuno sospendere la Celebrazione. Una funzione in suffragio di Mussolini e dei caduti alla Rsi è stata però officiata, blindatissima, al cimitero di Cremona, il 26 Aprile. «Ricorderemo colui che per trent’anni ha caratterizzato la vita del Paese e quanti hanno sacrificato la loro vita per la patria», ha detto il celebrante. E anche ad Alessandria c’è chi ha voluto pregare per il Duce con una Messa. Eventi, questi, che hanno sollevato un vespaio di polemiche sul web. Pro e contro. In un ping pong di luoghi comuni, rivendicazioni postume, simbologie contrapposte che si scontrano in un terreno sbagliato. Di vita e morte. Ma non solo. Ci hanno, infatti insegnato che esiste una laicità, in questo Stato. Laddove la Chiesa non dovrebbe interferire negli affari della politica, vale anche il viceversa. Gli imperativi rivolti, dalla politica o da qualche associazione, ad un sacerdote relativamente ad una messa di suffragio sono una violazione di questo principio. Che ne richiama un altro, anche se ad esso non è strettamente legato, cioè la pìetas come valore universale. Ce lo spiega bene Dante, nell’Inferno, laddove traspare una tensione compassionevole verso tutte le anime dannate. È un valore, questo, molto più in alto delle smanie mediatiche e di tanti, troppi, discorsi da bar.