Addio ad Altissimo l’ultimo vero liberale
Si è spento a Roma Renato Altissimo. Esponente di spicco del Partito liberale italiano, è stato più volte ministro e deputato. Era ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma e malato da tempo. Nato a Portogruaro quasi per caso, Altissimo aveva 75 anni. È stato ministro della Sanità con il governo Cossiga, con Spadolini e con Fanfani e ministro dell’Industria, Commercio e Artigianato con Craxi. Laureato in scienze politiche a Torino, è stato vicepresidente di Confindustria. La famiglia di Altissimo possedeva a Moncalieri, dove si era trasferita provenendo appunto dal Veneto, una fabbrica di fanali e accendini non più esistente che faceva parte dell’indotto Fiat. La sua è stata la storia di un liberale. Non un liberale qualsiasi. Ma un liberale importante nella storia di questo Paese. Fu infatti presidente dell’Unione industriali di Torino negli anni Settanta, negli anni in cui nella città della mole non si muoveva foglia che non fosse espressamente voluto dalla famiglia Agnelli. E proprio con gli Agnelli Altissimo ebbe un rapporto strettissimo non solo per gli affari ma anche per il connubio di amicizie. Anche se Renato fu più legato a Umberto che a Gianni. E scortò proprio il fratello minore degli Agnelli quando questi decise la sua discesa in campo nell’agone politico, anche se con un partito che non fosse il suo. Ma fu, Altissimo, anche protagonista dello scontro che vide un altro rampollo farsi avanti, quel Carlo De Benedetti che prima entrò nelle grazie dell’Avvocato divenendo giovanisimo alto manager della Fiat, per poi esserne estromesso con il sospetto che stesse tentando la scalata all’azienda per sfilarla agli Agnelli. Fu però negli anni Ottanta che Altissimo prese il volo in politica. Più volte ministro, prima alla Sanità e all’Industria. Fu forse in questo secondo incarico che lasciò maggiormente il segno visto che rimase al dicastero di via Veneto per quasi tre anni, tra l’83 e l’86. Sono gli anni in cui l’Italia vive una crescita economica tumultuosa. È l’Italia della Milano da bere, degli yuppies, delle tv di Berlusconi imperanti. È l’Italia di Craxi del quale Altissimo fu anche amico strettissimo. Craxi, Forlani, meno Andretti, i vertici del cosidetto Caf, l’asse di ferro che mantenne il potere in quella seconda metà degli Ottanta e che venne suggellato con il "patto del camper"stipulato soltanto nel 1989 in un parcheggio dell'Ansaldo di Milano, dove si svolgeva il Congresso del Partito Socialista Italiano. Il patto (tra Craxi, Forlani e Andreotti, appunto) avrebbe previsto un intero percorso che sarebbe iniziato con la caduta del Governo De Mita e la formazione di un esecutivo di passaggio a guida democristiana, per culminare in un altro governo Craxi, quando si libererà la poltrona del Quirinale dove è prevista l'investitura o di Andreotti o di Forlani. Eugenio Scalfari nel luglio 1989 lo definirà «un accordo di regime».Ma sono anche gli anni in cui la politica riscopre la notte, la vita nottuna senza più freni inibitori, delle discoteche. Di Gianni De Michelis che danza al centro delle piste da ballo. Altissimo fu il caposcuola del Tartarughino.