Movida, soldi a strozzo, botte e minacce
Non ci sono solo gli affari milionari negli interessi dell’associazione guidata dall’ex estremista nero Massimo Carminati: la banda del «Cecato» infatti avrebbe curato i propri affari in maniera «verticale», occupandosi da una parte delle commesse garantite dagli amici piazzati nei centri del potere, mentre dall’altra si sarebbe occupata di prestare soldi a strozzo a imprenditori finiti nelle secche della crisi. E se le banconote passano veloci di mano in mano (principalmente attraverso i fratelli Lacopo che si confrontano direttamente con il numero 2 di Carminati, Riccardo Brugia), altrettanto veloci corrono le minacce quando gli stessi imprenditori non sono in grado di tenere testa ai pagamenti per saldare capitale e interessi richiesti. GLI STROZZATI Il braccio operative di Brugia sul versante dei prestiti a strozzo sarebbe il suo factotum, Roberto Lacopo: è lui, si legge nelle carte del reparto operativo speciale dei carabinieri, che si occupa di fornire il denaro a chi si rivolge alla banda. Brugia invece si sarebbe occupato di tenere i conti e di pretendere il denaro assieme al picchiatore Matteo Calvio, noto nell’ambiente anche come «spaccapollici», anche se non avrebbe goduto della considerazione del boss Carminati - che lo chima «Wathson l’elementare» - ma le sue azioni sarebbero state invece necessarie per il recupero dei soldi a strozzo distribuiti dal sodalizio. E di soldi a strozzo la banda ne avrebbe avuti in giro a pacchi. Come nel caso di Massimo Perazza (detto "il romanista", personaggio che nonostante le minacce e le violenze subite avrebbe frequentato gli stessi vertici del sodalizio criminale). Perazza deve una somma importante a Lacopo - scrivono gli inquirenti - (di cui si crede amico) e proprio con Lacopo si lamenta per il pestaggio subito, la sera prima, da parte di Brugia: «Ma secondo te è normale una reazione come quella... scusame eh ciò tutta na gamba massacrata, dietro al collo c’ho tutto un taglio». Una situazione che si sarebbe protatta a lungo, anche quando, paradossalmente, Perazza ha già saldato il proprio debito con Lacopo. È lo stesso Lacopo a riferirlo al capo quando si accorge che le minacce e le botte verso il debitore continuavano: «Scusa ma lui, ha fatto» - dice Lacopo al suo interlocutore in un’intercettazione dove si rammarica del tempo sprecato per le minacce. Il giro di denaro gestito dalla gang criminale è spaventoso e, a leggere le carte, tenere fede ai pagamenti non è affatto cosa semplice e può costare anche il lavoro di tutta una vita. Come nel caso di un commerciante di orologi che avrebbe dovuto restituire 30 mila euro a Lacopo. Il commerciante - che possiede anche un bar sull’isola di Ponza - è in ritardo con i pagamenti e alcuni dei suoi assegni firmati a garanzia del debito sono "tornati indietro". Un affronto che Brugia e i suoi sodali non possono ignorare tanto da recarsi direttamente sotto l’abitazione dello strozzato: «Si è fatto negà - dice Brugia al telefono con Pascarella - e io je sbrago a porta». Infantino sa di non rispettare i patti e a paura di presentarsi al suo creditore, tanto che in un’occasione, dopo l’ennesima telefonata di minacce avvolta in una serie di moine, si presenta al distributore di Corso Francia - dove il gruppo, Carminati compreso, si riunisce sempre - in compagnia della figlia piccola. I mesi passano, Infantino paga quando può ma resta sempre indietro rispetto agli interessi: un ritardo che Brugia decide di interrompere minacciando lo strozzato di portargli via il bar. «Lo sai dove sta il suo punto debole - dice Brugia al telefono - gli ho detto chiudeme tre assegni da dieci mila... 1,2,3.. al primo assegno.. ti tolgo il negozio. Poi gli sono andato a casa, gli ho citofonato e gli ho detto, annamo a fa il passaggio». IL BUSINESS DELLA SICUREZZA Nel mondo della estrema destra romana capita che le amicizie maturate in passato possano servire per fare affari ai giorni d’oggi. Come nel caso di Angelo Spreafico, l’istruttore di arti marziali e gestore di una società che si occupa di sicurezza nei locali della movida capitolina descritto dal grande accusatore dell’inchiesta Mafia Capitale come «picchiatore e spacciatore, asseritamente coinvolto nello smercio di sostanze stupefacenti nella Capitale, verosimilmente nei locali di cui gestisce la sicurezza e ricollegato per le comuni amicizie dell’estrema destra romana, al boss Massimo Carminati». Spreafico vuole entrare nell’affare della gestione delle attività di vigilanza e sicurezza notturna del centro storico «nell’ambito dei protocolli d’intesa firmati da Alemanno, dai residenti del centro e dalle associazioni di categoria». Spreafico vuole entrare nel business e per farlo non esita a contattare il delegato del sindaco per la sicurezza Giorgio Ciardi. Nonostante le telefonate però l’affare non si sblocca e Spreafico, senza perdersi d’animo chiama ancora Ciardi - che in qualche modo prova a rassicurarlo - e poi contatta Fabio Sabbatani Schiuma, entrato in consiglio comunale dopo le dimissioni di Francesco Storace. Il Comune poi sta lanciando il progetto pilota di hostess e stewart che, nella zona di Campo de’ Fiori, dovrebbero occuparsi della raccolta del vetro degli alcolici, distribuendo alcool test ai clienti dei locali per arginare i bivacchi in strada. Un progetto dell’associazione Riprendiamoci la notte, che non piace però a Spreafico, tanto che è lo stesso Ciardi a dover intervenire per tranquillizzarlo, ricordandogli che quelli dell’associazione «faranno il grosso delle cose, perchè quelli hanno vidimato l’ordinanza anti alcool e ci mettono i soldi».