Il tesoro nascosto del sindacato «nero»

Il motivo della guerra è sempre il denaro. E anche nel caso di quella scoppiata in casa dell’Ugl tra il segretario che si è autoeletto, Paolo Capone, e la fazione che ne ha contestato l’elezione guidata da Salvatore Muscarella, la regola sembra rispettata. Un conflitto che ieri è stato spiegato proprio da Muscarella che, come anticipato da Il Tempo, ha presentato una diffida legale contro il segretario Capone, ad astenersi dall’utilizzare il patrimonio Ugl, oltre ad aver dato mandato di presentare ricorso civile al tribunale contro l’autoproclamazione «ma ci riserviamo, nel caso di ulteriori elementi, di arrivare al penale» ha dichiarato Muscarella. Il patrimonio, e dunque i soldi, sono l’oggetto secondario ma forse il più rilevante che fa da sfondo alla querelle tra le parti. Non ci sono resoconti dettagliati delle attività che ruotano attorno all’Ugl, un problema quello della trasparenza dei conti comune a tutti i sindacati italiani che, grazie allo status di associazione, sfuggono all’obbligo di pubblicazioni di bilanci e rendiconti, che restano atti interni e dunque non soggetti a verifiche contabili stringenti. Eppure secondo quanto risulta a Il Tempo nelle casse dell’Ugl il tesoretto, anche se non certificato, è consistente e composto oltre che da liquidi anche da immobili e sedi sparse in tutta Italia. Si parte dall’incasso legato alle trattenute sindacali dalla buste paga dei lavoratori iscritti. Secondo le stime ogni anno solo per questa voce entrano nelle casse della Confederazione tra i 10 e i 12 milioni di euro. E non è tutto. Sì, perché all’Ugl nazionale viene versato solo il 30% delle quote individuali. Il restante 70 resta presso le singole articolazioni territoriali. Ciò significa che, a spanne, il giro d’affari per l’intero sindacato vale tra i 30 e i 36 milioni di euro. Soldi sui quali le scelte dei vertici sono insindacabili se non in sede di approvazione del rendiconto annuale. Nel tesoro dell’Ugl ci sono però anche altre voci. Nel fatturato consolidato va ricompreso anche quello delle altre articolazioni del sindacato come il patronato. Quello dell’Ugl si chiama Enas e ricava, dalle entrate per i servizi tributari resi ai cittadini, circa 5 milioni di euro all’anno. Da questi si devono detrarre le spese di gestione e di funzionamento ma una parte arriva anche nelle casse Ugl. Fin qui il fatturato annuale del sindacato nero al quale sono legate anche una serie di altre società che gestiscono i Caf. Ma il vero buco nero della sigla è rappresentato dagli immobili che non sono censiti in nessun atto interno. Si tratta delle innumerevoli sedi e uffici presso i quali i sindacalisti svolgono la loro attività sul territorio. Mattoni spesso di proprietà della sigla sindacale che nel corso degli anni ha investito molti dei proventi ottenuti. In casa Ugl, infatti, il tesoretto nel corso degli anni è lievitato considerevolmente visto che è dal 2009 circa che, con oscillazioni naturali ma minime, le sole quote dei tesserati sono attestate sui 10 milioni di euro. Il calcolo è sempre approssimativo ma questo significa che nelle casse del sindacato a livello centrale sono transitati circa 50 milioni di euro nell’ultimo quinquennio. Una parte dei quali, dedotte le spese sicuramente copiose, sono stati patrimonializzati. L’ultima notazione è solo una curiosità intellettuale che sconfina però anche nella disputa ideologica. Ed è relativa al fatto che la maggior parte dei conti bancari sui quali transitano le movimentazioni finanziarie sono accesi presso il Monte dei Paschi di Siena. La libertà di scelta nell’economia di mercato è sacrosanta ma suona quantomeno strano che il principale sindacato di destra tenga il suo tesoro nella banca che tradizionalmente è considerata una roccaforte finanziaria della sinistra italiana. Pecunia non olet ma il dubbio è legittimo.