Luigi Tenco si è ucciso con una revolverata in testa

San Remo, 27 mattina - Dramma a San Remo. Il giovane e notissimo cantautore Luigi Tenco si è ucciso con un colpo di pistola alla tempia, poche ore dopo aver appreso che la canzone da lui composta e interpretata era stata eliminata dal Festival di San Remo. Alle ore 2,20, nella «dependance» dell’albergo Savoia, dove il cantante era alloggiato, è risuonata, sinistra, una secca detonazione. Gli inservienti alle camere si sono precipitati nella stanza, hanno forzato la porta, hanno trovato Luigi Tenco bocconi ai piedi del letto, in un lago di sangue. Il giovane era agonizzante. Quando è arrivata l’ambulanza, era già spirato. Indescrivibile la confusione. Più tardi si è appreso qualche altro particolare. Il cantante si è tolta la vita con una rivoltella calibro 6,35, sparandosi, come abbiamo detto, alla tempia destra. Nulla lasciava intuire la tragedia. Il cantante, subito dopo aver appreso i risultati delle giurie, aveva dimostrato molta amarezza per l’esclusione della sua canzone Ciao, amore ciao... Qualcuno dice di aver visto spuntare sui suoi occhi dei lacrimoni. Comunque, Dalida, che con lui aveva interpretato il motivo, si era precipitata a consolarlo. Poi, tutto-sembrava risolto. Il cantante e la sua partner si erano recati in un albergo cittadino e avevano preso parte ad una cena della loro casa discografica, la RCA. I discorsi, con le comprensibili recriminazioni, avevano per tema, ovviamente, la clamorosa sconfitta. Luigi Tenco era taciturno, quasi assente. Ma a molti sembrava ormai rassegnato. Il giovane era uno dei principali e più convinti esponenti della cosiddetta «canzone di protesta». Non aveva mai nascosto le sue convinzioni politiche: più che un comunista, come si professava, era un anarchico. I suoi atteggiamenti di ribelle, e anche di «schifamondo», erano conosciutissimi nel suo ambiente. Tempo fa, nel corso di un dibattito organizzato a Roma, aveva detto: «Non credo a niente, ma canto per credere a qualcosa». Credeva, povero Luigi Tenco, alla sua ultima canzone: un motivo che, specialmente negli ambienti che egli frequentava, ascoltata in anteprima, aveva destato incondizionati entusiasmi. Era una canzone come egli aveva recentemente spiegato in una intervista che, malgrado accennasse al patetico addio a una ragazza, non era stata dedicata a nessuna in particolare. Non c’era alcuna donna nella sua vita, almeno una donna che contasse, Nessuno poteva immaginare che un ribelle come lui, un anarchico, e anche un miscredente, meditasse un gesto che, nella sua disperata follia, è assolutamente sproporzionato all’entità della delusione subita. Evidentemente, Luigi Tenco credeva nel suo mestiere e nelle sue canzoni più di quel che si potesse sospettare. L’ultima persona ad aver visto Luigi Tenco in vita era stata dunque Dalida, Dopo il banchetto della RCA, la cantante aveva accompagnato lo sfortunato partner nella sua camera d’albergo e, augurandogli la buona notte, gli aveva detto: «Non prendertela, vedrai che la tua. canzone avrà più successo di quella che vincerà il Festival. Accade sempre così... ». Si erano lasciati cordialmente, anche se con molta amarezza. Il cantante, prima di chiudere la porta dietro le sue spalle, l’aveva salutata da lontano. Il prima dei compagni d’arte che l’ha visto da morto è stato invece Lucio Dalla, che è accorso nella stanza n. 219 della dependance del «Savoia» insieme con la servitù addetta alle camere. È stato Dalla a rivelare, più tardi, che Luigi Tenco, in questi ultimi giorni, aveva confidato agli i amici: «Per me questa canzone è tutto. Serve a non far mi sentire finito...». Perché Luigi Tenco si sentisse finito è, per molti, un mistero, aveva successo, era alla moda, i suoi dischi si vendevano, trovava credito anche negli ambienti politici. Ma lo stesso testo della sua canzone contiene queste sconcertanti parole, quasi un sinistro preannuncio: «Ciao, ciao, amore, per me è finita. Meglio affrontare un altro mondo che questo mondo nel male mi trovo estraneo». Mike Bongiorno ha rivelato che Luigi Tenco, al momento di entrare sul palcoscenico per affrontare il pubblico, era apparso smarrito, tanto che egli aveva dovuto quasi spingerlo in scena. Il giovane gli si era rivolto, dicendo: «Va bene, però sia chiaro che questa è l’ultima cosa che io faccio». Forse aveva premeditato il suo gesto.Questa ipotesi è anche avvalorata dal fatto che egli aveva comperato, appena i1 17 novembre scorso, la pistola WPPK con la quale si è tolta la vita. Luigi Tenco aveva 29 anni, essendo nato nel ’38 a Cassine, in provincia di Alessandria. Dopo aver conseguito la maturità scientifica, si era iscritto alla facoltà di ingegneria di Genova ma, aveva abbandonato gli studi per dedicarsi alla sua vera passione, le canzoni. Già da studente aveva incominciato a comporre, per diletto, alcuni motivi, che poi presentava nelle balere di periferia. Le sue canzoni più ispirate, però, quelle che dovevano rivelarlo a ai critici e al ristretto pubblico di intenditori, sono state composte intorno al 1960. Basterà citare soltanto qualche titolo: Angela, Mi sono innamorato di te, Quando, La mia valle, Il tempo passò, Il mio regno, Io sì, Una brava ragazza, Cara maestra, tutte raccolte in un disco a 33 giri. Le canzoni, che egli compose in massima parte da solo, erano, come abbiamo detto più sopra, del genere cosiddetto «impegnato » o di protesta. Egli, evitava il facile sentimentalismo cercando piuttosto di esprimersi senza fronzoli, in maniera dura, incisiva; cosa questa che non gli valse mai un grosso successo di pubblico. Insieme a Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Umberto Bindi è uno degli esponenti della cosiddetta scuola genovese. Quando cantava il giovane Luigi Tenco, non sorrideva mai a nessuno. Proprio nei giorni scorsi, a un giornalista che in una conferenza stampa gli chiedeva le ragioni di tale atteggiamento davanti al pubblico ed alle telecamere, egli rispose senza indugio e con fare quasi stizzito: «Nessuno deve dirmi di sorridere, perché io so da me che faccia debbo fare quando canto canzoni che tra l’altro sono mie, cioè scritte e musicate da me, che vengono dai miei sentimenti, non da quelli di altre persone». «Ma qui a San Remo - rivelava Luigi Tenco nella medesima conferenza stampa - sono tutti quanti abituati ad agire in questo modo e prendono ordini: tu sorridi meglio, tu muoviti un po’di più di qua o di la, tu vestiti in quel determinato modo, tu fatti crescere i capelli così o tagliali cosà, tu scuoti meglio quell’anca. Poi la gente crede erroneamente che tutto quello che si vede in televisione è spontaneo e avviene con semplice naturalezza».