Poca promozione, tanti stipendi. Ecco l’Ice
Doveva essere la battaglia campale dell’eliminazione degli sprechi. Ma la trasformazione dell’Ice, l’Istituto del Commercio Estero, in un’agenzia più snella in grado di consentire un uso più razionale di risorse per la promozione del Made in Italy non sembra aver dato i risultati sperati. Dall’ultimo bilancio di previsione delle spese per il 2013, al quale si aggiunge la nota di variazione approvata il 17 dicembre dello scorso anno, l’Ice costa alla collettività 126,352 milioni di euro. Una cifra assorbita però per gran parte dai costi per far funzionare la macchina pari a 80,776 milioni di euro, 59 milioni dei quali usati per pagare gli stipendi ai dipendenti. Per le attività che rappresentanto il business dell’istituto, dunque, restano un po’ meno di 46 milioni di euro. Molti i costi fissi che limitano l’attività principale. E dire che il piano di trasformare gli ambasciatori italiani nel mondo come dei venditori di alto livello del made in Italy, ipotizzato da Berlusconi, prevedeva anche la concentrazione degli uffici Ice nelle ambasciate. Un piano rimasto in parte sulla carta perché secondo quanto il bilancio l’istituto paga ancora per affitti di sedi all’estero una cifra vicina a 6 milioni. Il piano di risparmi chiesto a tutti gli enti ha colpito non solo i contributi per le attività promozionali ma anche i compensi degli organi societari, scesi da 343 mila euro complessivi a 300 mila. In particolare il presidente Riccardo Monti ha portato il suo stipendio a 120 mila euro dai 154 mila iniziali. Un sacrificio sopportabile visto che lo stesso Monti è anche vicepresidente nella Simest, la società per internazionalizzare le imprese. Il suo sito però non riporta i compensi erogati nel 2013. L’unica dato in possesso del Tempo è quello che risulta dalle dichiarazioni patrimonilai relative al 2012 e che per Monti evidenziava un reddito lordo di 473 mila euro. Oggi sicuramente ridotto per la scure sugli stipendi dei manager applicata dai governi Letta e Renzi. Ma in quell’anno, dal luglio 2012, Monti è vicepresidente Simest. AMBASCIATORI D’ORO Simest, Sace e Fincantieri legate dallo stesso filo rosso: alla presidenza siede un ambasciatore in pensione. Che al vitalizio «pesante» visto che un diplomatico può arrivare a fine carriera sopra i 300 mila euro di stipendio assommano compensi relativi a incarichi aziendali. Certo, la loro esperienza è preziosa nel portare a termine le finalità istituzionali. Non è però chiaro quale sia il compenso che, per tali attività, le feluche a riposo percepiscano. Così ad esempio alla presidenza della Simest, il 6 febbraio scorso è arrivato Ferdinando Nelli Feroci. Secondo quanto risulta a Il Tempo il suo compenso è stimato attorno ai 120 mila euro. Che si sommaperò alla pensione da ex ambasciatore. Nelli Feroci ha preso il posto di un altro collega, Vincenzo Petrone, anche lui diplomatico di lungo corso in pensione, che ora siede alla presidenza della Fincantieri. Del suo compenso non c’è traccia. L’unica certezza è quello totale erogato nel 2012 ai componenti del cda di Fincantieri: 1,35 milioni di euro. Non solo. Anche alla Sace, (assicurazione all’export) alla presidenza siede Giovanni Castellaneta, ambasciatore in Iran, Australia e Usa, oggi a riposo. Sace non ha dichiarato la cifra a lui corrisposta. Ha solo spiegato che l’emolumento è stato già ridotto del 25% e che è sicuramente inferiore a quello del presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini che, prima dei tagli, viaggiava intorno al milione di euro.