Renzi presenta il suo Italicum, ma il Pd si divide

Parlando della nuova legge elettorale, chiamata "Italicum", Renzi ha confermato l'idea di assegnare un premio di maggioranza che non sia superiore al 18% per la prima forza politica che superasse almeno il 35% in modo che il vincitore abbia una rappresentanza in aula compresa tra il 53 e il 55%. In aggiunta a questo, viene previsto un turno di ballottaggio tra le due principali coalizioni, qualora nessuno superi il 35% in prima battuta. La parte restante dei seggi andrebbe ripartita fra le altre forze politiche in base alle rispettive percentuali di consenso (ma con una soglia di sbarramento tra il 5 e l'8% per i partiti e del 12% per le coalizioni). Renzi ha poi sottolineato che Riforme e nuova legge elettorale fanno parte di un unico pacchetto non modificabile frutto anche dell'intesa raggiunta con Silvio Berlusconi. E in questo senso, ha sottolineato, "l'accordo politico non prevede le preferenze". Il segretario ha poi ribadito che il Pd sceglierà i suoi candidati con le primarie ("Un'idea già attuata lo scorso anno da Bersani") e di volere per le proprie liste il «vincolo assoluto della rappresentanza di genere", ovvero l'alternanza uomo-donna negli elenchi sottoposti agli elettori.   CUPERLO ATTACCA RENZI "La proposta di riforma della legge elettorale non è convincente: non garantisce una rappresentanza adeguata, un diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti, una ragionevole governabilità". Queste le parole del presidente del Pd Gianni Cuperlo, nel suo intervento alla Direzione nazionale del partito. "Si discosta dai tre modelli presentati da Renzi e temo che sussistono profili di dubbia costituzionalità - ha aggiunto -, si potrebbero avere nuovi ricorsi dalla corte, e francamente non per polemica, l'idea di farsi riscrivere per la seconda volta la legge dalla corte non mi sembra uno scenario auspicabile". "Non esiste - ha spiegato Cuperlo - alcun pregiudizio al tentativo di condurre ad un approdo le riforme. L'accelerazione impressa da Renzi è stata un fatto utile e positivo. Non c'è una maggioranza che spinge per cambiareuna minoranza che vuole restare, immobile, sulle gambe o peggio intralciare il percorso delle riforme".   SULL'INCONTRO COL CAV Cuperlo non condivide nemmeno la scelta dell'incontro di Matteo Renzi con Berlusconi e dichiara: "La questione non è di galateo politico o istituzionale. E nemmeno del luogo più o meno simbolico dove gli incontri si svolgono. Ma una cosa è discutere con un leader di una forza politica, altro è stringere un patto politico su questioni di rilevanza costituzionale con un esponente che non era più egemone nel suo campo. In politica gli stati d'animo contano e noi dobbiamo comprendere lo smarrimento dei nostri elettori di fronte alla piena rilegittimazione politica del capo della destra".   LA REPLICA E LA ROTTURA Quando ha ripreso la parole per la replica Renzi non ha risparmiato una stoccata a Cuperlo ricordandogli di essere stato candidato nel listino bloccato affidato al segretario: "Avrei capito Fassina che ha preso 12mila voti...". Come a dire "lui sì che può criticarmi". A questo punto Cuperlo avrebbe lasciato la sala. Così alla fine, rispetto alla scorsa Direzione il numero degli astenuti è stato di 34 (uno in meno) contro 111 favorevoli. Nessun contrario. Anche se testimoni riferiscono che Fassina, furente, avrebbe chiesto a gran voce le dimissioni del presidente del partito.