3 2 La sindrome di «Roma Ladrona» Vent’anni di insulti e provocazioni
Vent’anni di offese, insulti e provocazioni. È «Roma ladrona» l’obiettivo principale della politica di lotta (a parole) e di governo (soprattutto) della Lega Nord. Perché se da un lato per il Carroccio colpire la Capitale vuol dire scalfire tutto ciò che il federalismo vorrebbe sconfiggere (esasperazione dello statalismo, centralismo delle istituzioni, lottizzazione dei partiti, corruzione, sprechi), dall’altro lato lo spadone di Alberto da Giussano è stato brandito sul Palazzo per entrarvi. Dallo sport al pedaggio sul Gra le provocazioni di via Bellerio non si contano. In principio, era il 1992, fu «Roma ladrona», slogan efficace per arringare il popolo padano e sottolineare la laboriosità e l’eccellenza di Milano, della Brianza, delle valli bergamasche e del Veneto contro le regioni parassite del Mezzogiorno. E Roma rappresentava il bersaglio ideale: il Palazzo corrotto, l’atteggiamento parassitario, l’inefficientismo del Sud. Certo, Bossi in privato ha sempre detto di avercela col sistema e non con i romani che, anzi, avrebbero dovuto votare per la Lega. Ma in pubblico... Nel 1999 lanciò addirittura il Coordinamento contro Roma ladrona e arrivò a denunciare l’alleanza tra «il piduista di Arcore» e l’allora premier D’Alema «per schiacciare la Padania». E i suoi seguaci ovviamente lo hanno sempre seguito. Pensate a Borghezio? Troppo facile. C’è un esercito di carneadi pronti a offendere i Sette Colli. Prendete tal Corinto Marchini, ex comandante delle Camicie Verdi e senatore: «Eh sì, ho una nonna romana. Per me è come avere un’unghia incarnita. Mi dà fastidio». E tal Gianfranco Miglio? «Non amo i meridionali perché sono europeo. Non andrei mai a insegnare a Catania o a Palermo. Sarebbe fatica inutile». Immancabile il volantino della Lega Nord Ticino che recitava: «Non sta scritto proprio da nessuna parte che schiavi di Roma Iddio ci creò». Razzismo e insulti a raffica. Per Bossi Spqr non vuole dire Senatus Popolosque Romanus o Senatus Popolusque Quiritium Romanorum , ma semplicemente «Sono porci questi romani». Roba da Asterix contro Cesare. Logica l’ira dell’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno («Un sindaco mediocre», per via Bellerio) e dell’ex governatrice del Lazio Renata Polverini. Entrambi Pdl, alleati dal 2001 del Carroccio nel frattempo divenuto molto di governo. Nell’ottobre 2010 davanti a Montecitorio fu anche organizzato un pranzo della pace, gemellaggio tra i piatti tradizionali delle due cucine, romana e lombarda. Rigatoni con la pajata e polenta; coda alla vaccinara e cicoria. Con la Polverini amabile nell’imboccare Bossi che ai cronisti così la ringraziava: «Un Gp di Formula Uno a Roma? E dove c.... lo corri?». Il pranzo della pace non portò gli esiti previsti. E pazienza se l’ex ministro dell’Agricoltura Luca Zaia ebbe anche modo di assaggiare e apprezzare la porchetta di Ariccia. La Lega proseguì negli insulti, con Alemanno e Polverini che presto si pentirono di quel pranzo. Entrambi, più tardi, dissero: «Non lo rifarei». Già perché le offese sono proseguite per anni. Una casistica sommaria e incompleta va dal Gp di Formula Uno all’Eur (Bossi non lo voleva per salvaguardare Monza) alla situazione della As Roma: «Se non ha acquirenti è giusto che fallisca». E le polemiche hanno investito persino Francesco Totti. Il Capitano una volta disse: «La Lega attacca Roma perché è la città più bella del mondo», con la replica di Massimo Garavagia («Peccato che è da pulire»), Davide Cavallotto («Ma ci sono troppi romani») e Roberto Calderoli («Dice così perché non ha mai visto Bergamo»). Fino ad arrivare ai Mondiali di nuoto 2009 (per il Carroccio simbolo di inefficienze e curruzioni) e alla candidatura per ospitare le Olimpiadi: per l’edizione 2020 via Bellerio si schierò con Venezia, per quella 2024 Bossi ha già detto che «Milano è sempre più forte di Roma». Ma «Roma ladrona, la Lega non perdona» ha sempre rappresentato uno specchietto per le allodole. Perché il Carroccio a Roma non solo è di casa, ma ne ha preso il peggio, sfruttando tutte le dinamiche del Palazzo. Come qualsiasi altro partito. Dal finanziamento pubblico per la Padania (4 milioni di euro nel 2009 per 20mila copie vendute in edicola nel 2008) alla lottizzazione di Rai Due, fino ad arrivare al kolossal leghista Barbarossa di Renzo Marinelli, dove un improbabile Raz Degan interpretava Alberto da Giussano, il mitico eroe della Lega che sconfisse l’imperatore Federico II. Trenta milioni di euro sborsati dalla produzione Rai grazie ai buoni uffici di Berlusconi. Un tonfo clamoroso nei cinema dove fu diffuso in 267 copie. Sale vuote, stroncatura dell’O sservatore Romano col titolo: «Che Barba(rossa)» e Calderoli unico testimone del successone che gridò al complotto. Ci sono poi familismi (celebre il «Trota» Renzo Bossi), ruberie (Belsito), doppi, tripli e quadrupli incarichi, appalti lievitati, costi da brivido per orchestre, ruoli di potere ovunque: dalle Asl alle multiutilities. Alla faccia del partito incorruttibile. Il Gp dell’Eur Alemanno vuol portare la Formula 1 a Roma e Bossi difende Monza: «Dove c.... lo corri un Gp a Roma?» Totti sotto tiro Il capitano della Roma dice che l’Urbe è la città più bella del mondo. Su di lui una pioggia d’insulti