La sfida di Silvio: al voto e mi ricandido
Le ostilità le aveva aperte in mattinata il segretario del Pd, ripetendo che lui, il governo con Berlusconi non lo farà mai «perché non è la risposta ai problemi dell’Italia». La replica è arrivata nel pomeriggio, da piazza della Libertà di Bari dove il Cavaliere, a metà del suo discorso, ha lanciato la sua nuova sfida: «Se Bersani continua a rincorrere Grillo e a chiudere a noi si deve andare subito al voto. Noi siamo già pronti e io sarò candidato premier. Non lo dico a cuor leggero, è una responsabilità grave ma alla quale non mi posso sottrarre». Una candidatura – sarebbe la settima – messa a sorpresa sul tavolo dove si gioca la partita per eleggere il nuovo Capo dello Stato e per formare il governo. Che, come ha sottolineato il leader del Pdl, sono «quasi 50 giorni dalla data delle elezioni e ancora non è stato formato. Vi sembra possibile che in una crisi così possiamo concederci questa assurda paralisi?». Ma la notizia è che non ci sarà alcun cambio di leadership in caso di ritorno al voto, il protagonista assoluto del centrodestra sarà ancora Silvio Berlusconi. E se non è una minaccia per Bersani poco ci manca, visto come il Pd è riuscito a sperperare il patrimonio di vantaggio che aveva alle ultime elezioni e come il Cavaliere è riuscito a rivitalizzare e trascinare il suo partito a una «quasi» vittoria. Certo dopo le due manifestazioni di ieri – quella del Pd in un teatro della periferia romana, al Corviale, e quella del Pdl in piazza a Bari, riempita con 150 mila persone secondo gli organizzatori, appena 30 mila secondo la Questura – la distanza tra Bersani e Berlusconi è tornata abissale. Tra accuse, attacchi, battute al veleno, la possibilità di un accordo sulle larghe intese sembra sempre più lontano. Anche se l’ex premier ha ripetuto più volte nel suo discorso a Bari – durato un’ora – che «il voto a giugno resta l’extrema ratio». Ma il segretario del Pd, ha avvertito ancora Berlusconi, non ha molte alternative: «Le strade, caro Bersani, sono due: o fa un governo con noi e scegliamo insieme il Capo dello Stato o si torna subito al voto e bisogna farlo già a giugno senza perdite di tempo». Il bivio, del resto, è segnato anche dallo slogan che campeggia sullo sfondo del palco: un governo forte oppure elezioni subito. «Noi siamo pronti – è la sfida – e questa potrebbe essere la prima manifestazione della campagna elettorale». «Non possiamo tradire i dieci milioni di italiani che ci hanno votato – prosegue – se ci sarà un'intesa rispettosa di tutti, che parta dalla necessità di alleggerire il peso delle tasse e spazzi via l'oppressione burocratica e giudiziaria, che faccia ripartire l'economia, noi ci staremo e saremo in prima fila». Ma se ci inganneranno con un governicchio di minoranza e precario, noi non ci saremo caro Bersani. Se qualcuno spera di poterci ingannare, trascinandosi in un'altra avventura come Monti, si sbaglia di grosso». Berlusconi, dunque, marcia spedito sulla strada che ha tracciato già pochi giorni dopo il risultato del voto, confortato anche dagli ultimi sondaggi. I quali, rivela «ci dicono che c'è una continua ascesa del centrodestra al 34%, con 4 punti di vantaggio rispetto agli avversari, con la possibilità di vincere e governare». Numeri che danno al Cavaliere la certezza di avere la vittoria in mano. Come è già accaduto in questi ultimi vent’anni di vita politica: «I rappresentanti della sinistra non sanno quale colpa attribuirmi – si sfoga – La verità è che, ai loro occhi, io ho una sola colpa, enorme, storica, incancellabile: quella di essere stato, ieri, oggi e domani, l'unico ostacolo alla loro presa del potere in Italia. Volevano il potere, e lo vorrebbero ancora, senza avere il consenso. E odiano Silvio Berlusconi perché si è messo in mezzo, e ha dato voce alla grande parte degli italiani che non si fida di loro, perché li conosce fin troppo bene. Non hanno paura di me: hanno paura di voi, e quindi hanno paura di me, perché io sono stato scelto da voi, e, insieme, insieme li abbiamo fermati». E il voto, secondo l’ex premier, ridimensionerà anche il Movimento 5 Stelle: «C'è una grande disillusione in tanti italiani che hanno votato Grillo, volevano il cambiamento ma si trovano con una banda di dilettanti allo sbaraglio. Sono improponibili turisti della politica a 5 stelle guidati dalla premiata ditta Grillo-Casaleggio che smentisce qualsiasi loro affermazione». Ma l’avvertimento alla sinistra è anche sulla scelta per il nuovo Capo dello Stato. Se davvero volete eleggere un Presidente che sia il rappresentante di tutti gli italiani – è il ragionamento – non vi azzardate a proporci Prodi. Per bocciarlo il Cavaliere, da esperto comunicatore qual è, guida «per mano» la piazza e la fa partecipare al suo discorso. Elenca i candidati che specialmente i grillini vorrebbero, da Gino Strada alla giornalista Milena Gabanelli fino a Rosy Bindi e per ognuno si alza il no della folla. L’ultimo è il nome dell’ex premier al quale toccano fischi e urla. «Noi dal giorno del voto abbiamo detto che siamo disponibili a un governo con il Pd – è l’atto di accusa che Berlusconi lancia dal palco a Bersani – a individuare di comune accordo un candidato per la presidenza della Repubblica. E, invece, questi signori ci hanno detto di no per un governo insieme. E con lo 0,3% in più non si sono aperti a nessun accordo con noi e anzi tentano di prendersi tutte le 5 cariche istituzionali dello Stato. Vogliono prendersi tutto e mettere la democrazia sotto i piedi»». Insomma, è il commento finale, «con Prodi presidente della Repubblica, ci conviene davvero andare tutti all'estero». Con gli avversari Berlusconi alterna attacchi duri e ironie taglienti. «Caro Bersani è vero siamo bravi, siamo moderati ma non abbiamo l'anello al naso – spiega dal palco con un leggero sorriso – Noi caro Pier Luigi non siamo qui a pettinare le bambole, anzi siamo sicuri che anche le bambole si sono stufate di farsi pettinare. Dopo il giaguaro da smacchiare e gli scogli da asciugare mi viene un dubbio: ma è Bersani che parla oppure Crozza? È Crozza che scrive i pezzi a Bersani? O forse si sono messi d’accordo». Serissimo, invece, è l’atto di accusa nei confronti della magistratura che gli ha mosso «la guerra dei vent’anni». O almeno quella parte dei pm politicizzati che rovinano «la gran parte dei giudici onesti». «Vi pare giusto che i magistrati non rivelino le associazioni a cui sono iscritti? Questa riservatezza rimanda a qualcosa di segreto – si sfoga – Chi ha il potere di privare il cittadino della libertà deve essere trasparente. Fareste dirigere una partita di calcio a un arbitro e a segnalinee decisi da una delle due squadre? Così non va». «La persecuzione giudiziaria ha già di fatto pesantemente condizionato la vita politica del Paese – prosegue – quindi non è solo un pericolo potenziale alla libertà di ciascuno di noi, ma è un danno effettivo sociale ed economico perché può ostacolare un governo». «Quei giudici – avverte – non hanno mai pagato per i loro errori e noi chiediamo che anche i magistrati rispondano dei loro errori se commessi con malafede o grave negligenza». Ragionamento che si lega all’attacco all giornalista Lucia Annunziata che apostrofò Alfano con il famoso «siete impresentabili»: «Non vi è consentito darci lezioni, non vi è consentito stabilire chi è presentabile e chi no, dare o negare patenti di libertà e democrazia. Abbiate rispetto. Non avete alcun titolo per ergervi a maestri di politica e men che meno di morale». Ce n’è anche per Nichi Vendola che ha appena lasciato il posto in Parlamento per restare a fare il Governatore in Puglia. «So che siete dispiaciuti – celia dal palco Berlusconi – ma purtroppo vi devo dire che Nichi non è qui con me sul palco». Però, aggiunge tornando serio «lui ci può insegnare come fare bene l'imputato: lui con i magistrati ci va piacevolmente a pranzo. Fatevi una domanda: che sarebbe successo in Italia se una cosa del genere fosse capitata a me? Se fossi stato scoperto a cena con un giudice che poi lo avesse assolto, cosa sarebbe successo? Vi immaginate i commenti di Santoro, Floris, la Annunziata? Non ci posso neanche pensare». Qualche minuto dopo le sei Berlusconi finisce di parlare e sul palco salgono Angelino Alfano e Raffaele Fitto mentre dagli altoparlanti parte la musica di «Meno male che Silvio c’è». Nascosta tra la folla c’era anche Patrizia D’Addario, la ragazza barese finita nell’inchiesta sulle presunte escort invitate alle feste con Berlusconi a palazzo Grazioli a Roma. «Ieri ho rilasciato alcune interviste e ho visto che una parte delle mie dichiarazioni Berlusconi le ha usate nel suo discorso oggi – racconta ai giornalisti che la riconoscono – Forse ha capito l'inferno che sto passando da quattro anni e mezzo. Spero quanto prima che io possa riprendermi la mia vita. Voglio solo questo». E alla domanda se, in questi due giorni di permanenza a Bari di Berlusconi ha avuto occasione di parlare con lui, la D'Addario replica cortese: «Preferisco non dire altro».