Silvio provoca Bersani "insieme per le riforme"

In quel caso darei certamente il mio accordo. Anche se credo che sarà molto difficile». La seconda apparizione di Silvio Berlusconi da Bruno Vespa a «Porta a Porta» è un vero e proprio show, tra accuse, attacchi e continui botte e risposta con il giornalista della Rai. Colpevole, anche lui, di interrompere con un po' troppa frequenza i suoi ragionamenti. L'ex premier ha addirittura ripetuto la scena fatta con Massimo Giletti alzandosi in piedi e minacciando di andarsene. Stavolta però con toni meno decisi, tornando quasi subito a sedersi. Tutto è nato dalle continue stilettate di Vespa sul fatto che il Cavaliere ripete sempre le stesse cose. «Ma che c'entra» é sbottato Berlusconi. Aggiungendo: «Questa è una trasmissione di due milioni di persone, gli italiani sono 41 milioni. Pure io vorrei parlare come il capo dello Stato a reti unificate». Berlusconi ieri sera ha anche rispolverato il famoso «patto con gli italiani», firmato proprio nello studio di «Porta a Porta». «Ho qui il contratto del 2001 e quello del 10 aprile 2008 – ha spiegato – Tutti questi punti sono stati rispettati, è stata l'Università di Siena a sottolineare che l'85% del contratto con gli italiani è stato onorato: meno pressione fiscale, piano di difesa dei cittadini con poliziotti e carabinieri di quartiere, innalzamento delle pensioni minime a mille euro, un milione di nuovi posti di lavoro che sono diventati poi un milione e mezzo ed apertura di nuovi cantieri». E se il suo programma è riuscito a «tenere a galla» l'Italia, altrettanto – per Berlusconi – non si può dire di quello del premier uscente: «Il governo dei tecnici è lontanissimo dalla realtà e non ha saputo interpretare la disperazione delle persone. Monti ha proceduto con le ingiunzioni di un'Europa a guida tedesca e ha applicato un'austerità che può portare al fallimento dello Stato». E se con Pier Luigi Bersani un accordo, anche se difficile, Berlusconi ammette di poterlo trovare, con il Professore, invece, un'intesa è impossibile: «Io non ci starei a lavorare con Monti. Ha perso di credibilità rimangiandosi quello che aveva detto al Capo dello Stato. Quello che ho conosciuto ora è finto». Al Professore ha ammesso di invidiare una sola cosa, quella di aver candidato la campionessa della scherma Valentina Vezzali. La stessa che, nel 2008, nello studio di «Porta a Porta» provocò un vespaio di polemiche quando a Berlusconi disse «presidente, da lei mi farei toccare». «Se le avessi fatto la corte sicuramente avrebbe accettato di candidarsi con noi – è stata la risposta a una domanda di Bruno Vespa – e comunque noi abbiamo dalla nostra Daniela Di Centa, che ha vinto anche più della Vezzali». Nessuna invidia, invece, per i due alleati di Mario Monti, Casini e Fini, che il Cav ha definito con disprezzo «due vecchi arnesi della politica». «Sono lì a spese nostre da cinquant'anni – ha proseguito – Io ho messo nelle casse dello Stato miliardi e miliardi. Lei si affiderebbe a Berlusconi per rimettere su un'impresa o a questi chiacchieroni? O a chi, mi riferisco alla sinistra, vuole imporre una patrimoniale e l'aumento dell'Iva?». Parole dure anche contro Giulio Tremonti: «Potevo cambiarlo? Non potevo. Ma scusi, non per colpa mia ma per colpa di una Costituzione che non consente al primo ministro ciò che è consentito in tutte le democrazie occidentali». Se riuscirà a vincere – è la promessa – il Pdl farà riforme radicali. «Non voglio il 51% – è l'appello – Mi basta il 40% perché così avrò in Parlamento il 55%. Questa è la conditio sine qua non per rendere il Paese governabile». E a proposito di voti il Cavaliere ha anche contestato i dati snocciolati da Renato Mannheimer che davano il centrodestra al 26,7 per cento: «Noi arriviamo al 30,7-31%. Secondo Euromedia la coalizione di Monti arriva al 10,5, così articolata: Udc al 4%, Fli all'1% e Lista Monti al 5,5%. C'è poi una forte regressione di Grillo che ci danno al 12,3%». Infine un appunto sul fiscal compact – «da cambiare, anche a costo di far fare un altro voto al Parlamento italiano» – e una mezza ammissione sull'esclusione dalle liste del Pdl degli inquisiti come Nicola Cosentino: «Sono sicuro che questa sarà la soluzione che prenderemo. Mi fa male il cuore a dirlo perché ho letto le carte e non c'è nulla di nulla. Ma non mi sembra elegante far nomi adesso». Pa. Zap.