Il patto segreto del Pd Così Bersani ha convinto Renzi

Un paio d'ore di faccia a faccia. Soli. Nel privè del ristorante «Grano» a piazza Rondanini, a metà strada tra Camera e Senato. Vino rosso e menù di carne. Grappa per chiudere. Gli ex sfidanti alle primarie, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi hanno suggellato così, a tavola, il patto per la campagna elettorale. Il sindaco farà campagna per il segretario. Andrà anche in televisione a farla. I due oggi hanno concordato pure un'iniziativa che li vedrà insieme a Firenze. Bersani ha chiesto una mano a Renzi e il sindaco non si è tirato indietro, insomma. Messo in chiaro che ora stanno dalla stessa parte, Bersani e Renzi hanno parlato a lungo, di tutto. Di Mario Monti, intanto. Il pranzo di ieri è stata anche una risposta al Professore che continua a battere il tasto sul Pd «conservatore», condizionato da «ali estremiste» e che, proprio per questo, spinge gente come Pietro Ichino ad andarsene. Ichino, appunto. Anche dell'ex senatore Pd e degli altri fuoriusciti renziani, si è parlato nell'incontro Bersani-Renzi. E il sindaco, a quanto pare, non ha nascosto la sua irritazione. «Renzi è stato molto convinto nel dire a Bersani quanto siano nel torto, per così dire», viene riferito. Il sindaco lo ha voluto specificare anche ai cronisti all'uscita dal ristorante: «Vedo troppa gente abituata a scappare con il pallone... Io non sono fatto così». Durante il pranzo al ristorante «Grano» si è parlato anche di liste. Renzi avrà circa una cinquantina di suoi in Parlamento. Ma il sindaco ha ribadito che lui resterà a Firenze. «Vuole continuare a fare il sindaco», raccontano. «Per i prossimi due mesi», si aggiunge. Ci sarà posto quindi per Renzi in un eventuale governo Bersani? Per ora, si ripete, il sindaco non si muove. La coerenza con la parola data, del resto, sembra essere un punto a cui Renzi tiene molto. Anche ieri mattina, prima dell'incontro con Bersani, lo ha scritto su Twitter. «Dopo le primarie ho mantenuto la parola data, in lealtà. Sarà bello il giorno in cui la coerenza di un uomo politico non farà più notizia». Pure Bersani ha mantenuto la parola. Sul pranzo. Se ne era parlato negli ultimi infuocati giorni prima del ballottaggio. I toni si erano alzati parecchio e visto che si trovavano entrambi a Milano, Renzi aveva invitato Bersani a prendere un caffè per allentare la tensione. Il segretario non accettò l'invito per impegni elettorali serrati e rilanciò con un pranzo. A un mese quasi esatto dal ballottaggio del 2 dicembre, ecco l'incontro. E chi ha pagato? Il conto lo ha saldato Renzi: «Lo dovevo al segretario... Finalmente mi ha spiegato la metafora del tacchino...». A fine pranzo Bersani e Renzi si fermano con i cronisti. Parla il sindaco per primo: il pranzo «è andato bene», dice. «Chiusa la vicenda delle primarie, si discute di campagna elettorale. È normale che quando finiscono le primarie, si resta nel partito anche se si perde. Invece, vedo troppa gente abituata a scappare con il pallone... Io non sono fatto così», sottolinea Renzi. E che farai? chiedono i cronisti. Renzi: «Questo ve lo dice il segretario». E Bersani non si sottrae: Matteo avrà un ruolo attivo in campagna elettorale, «assolutamente sì». «La nostra forza - aggiunge Bersani - è quella di essere una forza popolare, pluralista in cui ci sono tanti protagonisti e c'è la sintesi, fuori dal politicismo, sulle cose reali come la moralità e il lavoro. Questo è un grande partito e non è attaccato a una persona sola». Il sindaco avrebbe mostrato soddisfazione sia per l'esito delle primarie sia per la rappresentanza che avrà grazie alla lista bloccata. «Se perdo porto in parlamento un po' di amici», aveva detto Renzi. E gli amici destinati ad arrivare nelle Camere, secondo una stima renziana, sono la cinquantina di vincitori delle primarie di area, più altri 16-17 nomi da inserire nel listino, in base a un'intesa di massima concordata da Errani, emissario di Bersani, e Delrio, per Renzi. Certe le candidature dei renziani vincitori delle primarie, Richetti e Nardella in testa. Ora si tratta di definire la quota nella lista blindata in via di composizione. Di certo entrerà nel listino Roberto Reggi, così come Simona Bonafe' e Francesco Clementi. La quadratura del cerchio per Bersani non sarà facile, con le varie anime del partito da accontentare in quella lista di 94-95 candidati scelti direttamente e in molti casi d'accordo con le federazioni locali e tra i 47 capilista. Lo stesso segretario sarà testa di lista di certo nel Lazio e probabilmente in Lombardia e in Sicilia. C'è chi alle primarie è andato bene, come i fioroniani, così Beppe Fioroni che sarà capolista ha ben pochi dei suoi da piazzare. Non così Area Democratica; i fedelissimi di Dario Franceschini sono al lavoro per cercare di salvare altre posizioni.