Il 21 dicembre è ancora lontano, ma più passano i giorni e più la profezia catastrofica dei Maya sembra acquistare consistenza.

Dal13 settembre al 2 dicembre il segretario del Pd è stato impegnato, ventre a terra, per evitare la vittoria di Matteo Renzi. Ha mobilitato il partito sul territorio, ha radunato attorno a sè un fronte compatto di anti-renziani e, alla fine, ce l'ha fatta. Neanche il tempo di godersi il «titolo» di candidato premier del centrosinistra ed ecco che dietro l'angolo spunta Mario Monti. Il Professore non ha ancora sciolto la riserva, non si sa se correrà alle elezioni o si limiterà a dare la propria benedizione ad un raggruppamento che lo rappresenti. Ma la sola ipotesi basta per mettere in allarme il quartier generale del Pd. Non è un segreto, infatti, che con il premier in campo, Bersani vedrebbe allontanarsi pericolosamente sia la possibilità di portare i moderati dalla sua parte, sia la poltrona di Palazzo Chigi. Non solo, ma si troverebbe anche nella scomoda posizione di dover affrontare una campagna elettorale contro Monti senza poterlo attaccare. Lasciando così campo libero a Silvio Berlusconi con i Democratici nei panni del terzo incomodo. Tanto basta per rilanciare un invito che il segretario del Pd aveva già rivolto al premier nelle scorse settimane: «Proprio perché Monti può essere ancora utile, sarebbe meglio che restasse fuori dalla contesa. Ognuno sceglie come crede, fa le proprie valutazioni con serenità, noi abbiamo sostenuto lealmente questa operazione di transizione che la destra ha sfregiato nelle ultime settimane. E se in futuro ci sarà la possibilità, nel nome dell'Italia, di collaborare con Monti non ho intenzione di inibire in nessun modo le sue scelte». A questo punto, però, sorge spontanea una domanda: che cosa immagina Bersani per il futuro di «SuperMario»? L'ipotesi più accreditata sembrerebbe essere quella del Quirinale. Ma, alla luce dello scontro aperto in questi giorni, appare assai difficile che il Pdl possa accettare e votare il Professore. Resta quindi la poltrona di ministro dell'Economia in un esecutivo di centrosinistra ma qui, a rendere l'operazione poco credibile, è l'impossibilità di immaginare il premier mentre «contratta» misure di austerità con il Nichi Vendola di turno. Forse anche per questo, vedendo il suo futuro in bilico, Monti ha deciso di accelerare il passaggio da «riserva della Repubblica» a politico di professione. Certo, la metamorfosi non è ancora completa, ma Bersani si sta comunque organizzando per evitare la beffa. Così, mentre invita Monti a non scendere in campo, spiega che «senza il centrosinistra l'Italia potrebbe diventare un problema per l'Europa e per il mondo. L'Europa sa benissimo che noi siamo quelli di Ciampi, di Padoa Schioppa, di Visco, Prodi, Amato, D'Alema, siamo quelli che hanno aggiustato i conti, che hanno portato l'Italia nell'euro, che hanno tenuto una politica saldamente e fortemente europeista. Se si osserva il resto del panorama politico intorno a noi, questa affidabilità non può essere garantita da nessuno». Poi, assicura che «tutto il Pd, anche Renzi, combatterà insieme» per vincere le elezioni. L'importante è che dall'altra parte della barricata ci sia Silvio Berlusconi, l'unico che, stando ai sogni del segretario Pd, non dovrebbe ostacolare la sua corsa verso Palazzo Chigi. Il condizionale è d'obbligo visto il sondaggio elaborato da Emg e diffuso ieri sera nel corso del TgLa7. Nell'ultima settimana il Pd ha perso il 2,4% restando al primo partito con il 32,2% mentre cresce il Pdl al 16,3% (+1,1%). Colpa dei Maya, non ci sono dubbi.