Berlusconi studia il risiko del Senato

Èsul pallottoliere dei voti del Senato che si svolge la partita più complicata che ha deciso di giocare Berlusconi. Vincere a palazzo Madama è diventato infatti fondamentale per chiunque voglia provare a governare l'anno prossimo. Perché il rischio, concreto, è che si ripeta una situazione come quella nella quale si ritrovò nel 2006 Romano Prodi, con una maggioranza ridotta a un pugno di senatori e indifesa davanti a qualsiasi tempeste politica. Per questo il Cavaliere sta concentrando tutte le sue energie a ricucire il rapporto con la Lega in Lombardia. Anche a costo di sacrificare la presidenza a un esponente del Carroccio. Ipotesi che fa infuriare Roberto Formigoni e tutto il gruppo milanese di Cl, schierati con la candidatura di Gabriele Albertini. Ma anche l'ex governatore sa che alla fine dovrà cedere qualcosa per recuperare voti a livello nazionale. Mantenere il Pirellone sarebbe fondamentale per costruire una base solida di consensi per il Senato, insieme al Veneto – dove governa la Lega – e alla Sicilia, dove Berlusconi sta chiedendo al suo uomo di fiducia Marcello Dell'Utri di recuperare voti. Per il momento la situazione in Lombardia è in stallo, il Pdl aspetta risposte dal Carroccio. Il possibile ticket Maroni-Gelmini non convince però prima di tutto proprio l'ex ministro dell'istruzione, che vive la candidatura come una manovra per farla fuori a livello nazionale. E per il momento non convince neppure gli esponenti locali del Carroccio, come il segretario regionale Matteo Salvini, che di riallearsi con il Cavaliere non ha alcuna voglia: «Sulle alleanze romane posso dire che la figura di Berlusconi non aiuta, mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa di nuovo – è stato ieri il suo commento – Con lui torniamo indietro di 18 anni». Più cauto il segretario Roberto Maroni: «Con Berlusconi non ci siamo parlati, abbiamo un consiglio federale convocato per lunedì prossimo e la Lega deciderà sulla base delle valutazioni che faremo nei prossimi giorni». Malumori e rifiuti che però i parlamentari del Pdl derubricano a tattiche preelettorali. «La Lega sta facendo la voce grossa per alzare il prezzo – racconta un deputato vicino all'ex premier – ma alla fine sanno che se noi e loro andiamo da soli regaliamo la regione al centrosinistra. L'accordo alla fine sarà inevitabile». Un accordo che il Cavaliere vuole stringere anche a livello nazionale per ripresentarsi alle elezioni con uno schema e un'alleanza collaudata. E pazienza se c'è tutta l'area degli ex di An – ma anche una parte di ex Forza Italia, come ad esempio Guido Crosetto e Franco Frattini – che di andare con l'ex premier non ha molta voglia. Una delle ipotesi alla quale stanno lavorando in questi giorni è di formare un partito nuovo e autonomo, «federato» però con il Cavaliere. Non dispiacerebbe neppure l'idea di allearsi con il centro di Casini e Montezemolo ma in quel caso diventerebbe fondamentale sapere chi è il candidato premier. Perché con Mario Monti gli ex An non potrebbero mai andare. «Noi non auspichiamo la scissione – ha commentato ieri sera Angelino Alfano – ma se dovesse avvenire, mi auguro che avvenga in un quadro di alleanze fatte con gli amici». Intanto Berlusconi si è fatto di nuovo sentire con una nota ufficiale per attaccare chi sfrutta le oscillazioni finanziarie contro di lui: «Le reazioni eccitate e fuor di luogo di alcuni politici europei e di alcuni quotidiani stranieri alla notizia di un mio impegno rinnovato nella politica italiana risultano offensive non tanto nei miei confronti personali quanto per la libertà di scelta degli italiani». «Sarebbe fin troppo facile – prosegue – collegare queste ingerenze, del tutto ingiustificate sul piano della democrazia e del mio impegno in Europa, con l'ennesima manovra speculativa tesa a indebolire le nostre aziende e a renderle facile preda di acquirenti stranieri. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato un europeista convinto e mi sono sempre battuto per un'Europa meno burocratica e più unita politicamente, con una politica monetaria unica, con una politica estera unica, con una politica della difesa unica, e quindi una Europa che conti di più sulla scena internazionale».