La Grecia non basta. Serve più Ue

Lechiusure positivo delle piazze finanziarie asiatiche non hanno convinto gli operatori europei che, dopo iniziali ordini di vendita hanno fatto dietrofront. Sì perché archiviato e messo, almeno per ora, sotto controllo il focolaio greco, a spaventare gli operatori è la situazione della Spagna. Dal Messico, dove si recato per il vertice G20 di Los Cabos, Mario Monti commenta il voto con prudenza. «Vediamo che i mercati non sono convinti che basti solo il voto in Grecia - ha detto Monti- ma serva una maggiore integrazione: tutti dobbiamo andare avanti in questa direzione per superare i vizi di origine della formazione europea». La formazione del governo di unità nazionale, potrebbe contribuire a gestire l'amara medicina del risanamento imposto dalla troika ad Atene e per questo Monti si è mosso. Ha chiamato prima Samaras e poi il leader del Pasok, per «incoraggiarlo» a far parte dell'esecutivo. Un appello che è stato seguito. Nella serata di ieri infatti i partiti greci hanno fatto trapelare che oggi sarà raggiunto un accordo per la formazione del nuovo governo di coalizione e i socialisti del Pasok ne prenderanno parte. Sarà questo nuovo esecutivo a chiedere con forza a Bruxelles, a Francoforte e a Washington, la dilazione nell'attuazione del piano di austerity concordato, caldeggiata dal nuovo asse Monti-Hollande e che ha un solo oppositore e cioè la Merkel. Giù ieri fonti del partito conservatore di maggioranza relativa Nea Dimokratia hanno spiegato che Atene chiederà alla Troika (Ue, Bce e Fmi) di poter spalmare i tagli concordati per 11,7 miliardi in 4 anni invece dei previsti due. Nessuna revisione degli impregni presi insomma ma solo più tempo per adeguarsi. Di Grecia si è parlato anche al vertice del G20 in Messico a Los Cabos. Dove i nervi erano tesi. «È ora di agire» ha ribadito l'inquilino della Casa Bianca . Ma è arrivata secca la risposta degli europei, che - da mesi in difensiva - sono andati all'attacco. Prima Monti ha ricordato come «la crisi non è nata in Europa», ma da squilibri verificatisi in altri Paesi. Tanto per essere chiari. Fra questi Paesi proprio gli Stati Uniti. Quasi in contemporanea, i vertici dell'Unione europea - sempre da Los Cabos - hanno replicato al pressing di Barack Obama. «Non siamo qui al G20 per prendere lezioni di democrazia né di gestione dell'economia», ha ammonito senza mezzi termini il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso. L'Europa ha una ultima chance. Il summit di fine giugno nel corso del quale sarà siglato il «compact per la crescita e il lavoro». Sarà un vertice cruciale, dal quale l'Italia si augura passi in avanti per l'unione finanziaria europea, che includa uno scudo anti-spread e un percorso verso la mutualizzazione del debito. In cinque pagine, allegate alle conclusioni, i 27 dettagliano tutte le azioni da prendere a livello nazionale ed europeo per favorire la crescita e creare nuovi posti di lavoro. Nel merito, il documento riunisce tutte le proposte alle quali si lavora da tempo, tra cui la ricapitalizzazione della Bei e il lancio dei project bond. «Nel momento in cui verrà approvato dai leader, il compact per la crescita avrà un valore vincolante, anche superiore perché impegna tutti e 27 gli stati, e non solo i 25 che hanno firmato il compact sul bilancio», ha commentato il ministro alle politiche europee Enzo Moavero.