Il governo ricorre al voto di fiducia sul disegno di legge anticorruzion

Altermine di una mattinata convulsa nel corso della quale il traballante tavolo che tiene uniti Pd e Pdl ha rischiato più volte di saltare, la conferenza dei capigruppo ha deciso di autorizzare tre voti di fiducia distinti sui tre articoli (10, 12 e 13)che riguardano la parte «penale» del provvendimento. Una scelta che non ha di certo appianato la tensione tra le varie anime della maggioranza. Pdl, Pd e Udc hanno già fatto sapere che diranno sì al provvedimento, ma non senza distinguo e scambi di accuse. Fra i nodi ncora da risolvere l'articolo 7 e l'articolo 13 del ddl. Il primo prevede l'impossibilità di fare contratti con la Pubblica Amministrazione per chi è condannato per reati contro la Pa, come la concussione o la corruzione. Il secondo include l'aumento, voluto dal Pd, delle pene, nel minimo e nel massimo, per la corruzione. La lunga gestazione del provvedimento aveva vissuto un capitolo convulso in mattinata. Quando ancora si pensava a un maxiemendamento del governo, ai partiti di maggioranza sarebbe stato presentato, in un primo tempo, un testo nel quale veniva incluso non solo l'articolo 7 del ddl, ma soprattutto una modifica il cui contenuto è riconducibile a un emendamento a prima firma Ferranti, non ancora votato in commissione. Il testo aggiungeva il divieto di contratti con la Pa per chi è condannato per induzione indebita a dare o promettere utilità (il reato per il quale Berlusconi è imputato nel «processo-Ruby»), secondo quanto prevede il nuovo articolo 319 quater, da introdurre nel codice su richiesta del ministro Severino. Davanti alla protesta del Pdl per l'emendamento non votato dalla commissione, la risposta del ministro Giarda non si sarebbe fatta attendere: se non è stato votato non lo inseriamo nel testo, avrebbe osservato. Si sarebbe quindi posta la questione della possibile modifica dell'articolo 13 con un ritorno, nel maximemendamento del Governo, alla previsione delle pene stabilite dalla Severino (3-7 anni) per la corruzione. Ma su questo il Pd avrebbe sbarrato la strada con il capogruppo Franceschini: nessuna modifica, la fiducia va posta sul testo uscito dalla commissione, ha detto. Impossibile, però, farlo con un maxiemendamento che, da regolamento, non può essere solo la sommatoria di più articoli già votati dalla commissione. Quindi lo spacchettamento della fiducia in tre. Il voto comincerà oggi alle 12 dopo le dichiarazioni dei vari partiti, ma c'è già chi, all'interno della stessa maggioranza, ha deciso di sfilarsi: «Io non sarò in Aula», ha annunciato Luca D'Alessandro del Pdl, spiegando che la sua è una scelta «per disciplina di partito e senso di lealtà nei confronti del capogruppo Cicchitto, perché altrimenti non potrei che urlare tre volte no». Tranquillità, è stata invece ostentata dal ministro Giarda:«La maggioranza è solida e ci appoggia con pieno convincimento». Il Pdl voterà a favore, ha sottolineato il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ma «il Governo si è dimostrato incapace di svolgere un ruolo di reale mediazione su un tema sul quale da sempre le differenze fra il Pdl e il Pd sono ben note». Cicchitto, inoltre, ha rimarcato che il Popolo delle Libertà avrebbe preferito che il governo affrontasse contemporaneamente le questioni riguardanti la corruzione, le intercettazioni e la responsabilità civile dei magistrati. Su quest'ultimo punto, il capogruppo Pdl alla Camera ha auspicato che il discusso «emendamento Pini», quello che prevede la responsabilità diretta dei giudici, venga mantenuto alla Camera così come approvato al Senato. Bocciando di fatto la versione «corretta» dal ministro Severino. «La fiducia sicuramente non è lo strumento più auspicabile, ma sarebbe stato peggio se il ddl sulla corruzione fosse tornato in un cassetto», ha sottolineato Roberto Rao dell'Udc. Sempre tra i centristi, Pier Luigi Mantini ha duramente criticato il Pdl per non avere voluto inserire nel ddl l'incandidabilità dei condannati per reati gravi, delegata al governo con un tempo limite di 9 mesi. Equindi con la seria possibilità di non entrare in vigore entro le Politiche 2013. A trarre le somme è stato il ministro Severino: «Il provvedimento sulla corruzione ha avuto una lunga fase di dialogo nelle commissioni riunite. C'è stato un dibattito ampio e una lunga serie di tavoli aperti sul provvedimento». «Il rispetto per il Parlamento c'è stato e finché è stato possibile andare avanti col dialogo, senza che ci fossero nette contrapposizioni politiche, ho cercato di farlo», ha proseguito il Guardasigilli. La fiducia è arrivata come «unico strumento per portare avanti il provvedimento che tutti giudicano importante. Un mezzo anche costruttivo».