Diego dribbla il fisco

Unasomma non indifferente anche per una delle più grandi star del mondo del pallone mondiale. Così con il suo stuolo di avvocati sta cercando di applicare il suo leggendario dribbling anche alla pletora di cartelle esattoriali targate Equitalia. Con molta meno fortuna finora rispetto ai campi di calcio. Ieri la Commissione tributaria ha annullato, infatti, quattro dei sei ruoli che rincorrono il Pibe de Oro dagli anni della sue militanza nel Napoli. Alla quantità di atti cancellati non corrisponde però uno sconto record. La vittoria vale solo 5 milioni di euro sui 40 pendenti. La Commissione tributaria provinciale di Napoli, infatti, cancellando solo quattro delle sei pretese ha confermato le ragioni dell'Agenzia delle Entrate relative agli avvisi di accertamenti emessi per gli anni dal 1985 al 1990. A tre settimane dall'udienza, svolta il 17 maggio, i legali dell'ex Pibe de oro hanno reso nota la decisione ma hanno subito annunciato che lo sconto non è sufficiente e che faranno ricorso alla Commissione tributaria d'appello (e se necessario anche in Cassazione) per ottenere la cancellazione del debito residuo con il fisco italiano. La somma, all'accertamento del debito, era di 13 miliardi delle vecchie lire, divenuti poi 40 milioni di euro per interessi di mora. Il fuoriclasse argentino, attraverso i suoi avvocati Angelo Pisani e Angelo Scala, aveva proposto a Equitalia una mediazione: il pagamento di soli 3,5 milioni vincolati alla creazione di uno sportello di ascolto delle «vittime e i familiari delle vittime del fisco». Una proposta di conciliazione respinta dai legali di Equitalia e Agenzie delle Entrate. Così il procedimento ha continuato il suo percorso ed è arrivato alla discussione davanti alla Commissione tributaria provinciale, durante la quale i legali hanno ribadito la loro tesi: le cartelle sono illegittime, addirittura inesistenti, per difetto di notifica. Spiega Pisani: «Il Pibe de oro vince proprio sulla illegittimità delle notifiche di alcune cartelle che Equitalia voleva ancora ingiustamente addebitargli, il che dimostra come Maradona non avesse mai avuto conoscenza di tali addebiti; altre due cartelle degli anni '90 non sono state cancellate perché poi notificate tramite avvisi di mora, sui quali la Cassazione aveva escluso la possibilità di difesa». Dalla sentenza emerge che i giudici partenopei hanno accolto la tesi difensiva sostenuta dalla Direzione Regionale della Campania e dalla Direzione Provinciale I di Napoli e accolto il ricorso di parte limitatamente a quattro cartelle, relative ad atti impositivi emessi dalla Direzione Provinciale Roma 1, aventi ad oggetto tasse ed imposta di registro definiti dallo stesso organo giudicante di «importi modestissimi», per i quali il ricorso è stato accolto per vizi di notifica. A fine giugno, assicura il legale, Maradona «che è un uomo libero e verso il quale non esiste alcun efficace titolo esecutivo sarà finalmente in Italia per chiedere un colloquio con il presidente della Repubblica e il ministro di Giustizia per spiegare agli italiani il suo calvario con Equitalia. Si continuano a negare giustizia e chiarezza senza che nessuno, compresa addirittura la Commissione tributaria di Napoli abbia avuto mai modo di vedere ed esaminare la documentazione, in realtà inesistente e fantasma, relativa ai presunti accertamenti fiscali su cui si fonda la pretesa di Equitalia». La partita dunque resta aperta. Il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. La controffensiva legale dell'argentino è stata preceduta da una esposizione mediatica. In un'intervista concessa ad A diretto da Maria Latella, l'ex giocatore ha spiegato di aver «chiesto più di una volta un incontro con Befera, anche per iscritto, tramite il mio avvocato, ma lui si nega. L'abbiamo invitato a cena proprio a Napoli, da Mimì alla Ferrovia, ma non ha mai risposto. Befera conosce l'ingiustizia di cui sono stato vittima. È giusto perseguitare un uomo che si sa essere innocente? È giusto che questo uomo sia costretto a non mettere piede in Italia per non essere umiliato?».Maradona si sente un perseguitato: « Equitalia che non guarda in faccia a nessuno. Ha utilizzato il nome Maradona solo per farsi della pubblicità, per far vedere alla gente che è in grado di colpire tutti, pur essendo al corrente della mia innocenza, scritta e ripetuta nelle sentenze». Ora inizia il secondo tempo.