«Repressione efficace e dura»

Mamai prima d'ora, nella storia di stragi e attentati, le cronache avevano dovuto raccontare un episodio così crudele come quello di Brindisi. L'ex sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, deputato del Pdl, è stato tra i primi ieri mattina a giungere davanti all'istituto «Morvillo Falcone». Perché scegliere una scuola come obiettivo? È un colpo alla speranza rappresentata dai giovani? «Difficile dare una risposta oggi. Forze di polizia e magistratura stanno raccogliendo tutti gli elementi possibili. Sono arrivato sul posto due ore dopo l'attentato e posso testimoniare il largo spiegamento di forze che c'era. Poi entriamo nel campo di ipotesi che sfiorano le illazioni. Quanto accaduto richiama quello che fece Cosa nostra ai bambini (il riferimento è all'omicidio di Giuseppe Di Matteo, ndc). La violenza verso i propri figli è intollerabile per tutti, anche se quello fu un episodio interno all'organizzazione. Ma ricordo anche il fallito attentato al treno Milano-Lecce alle porte della stazione salentina, giusto 20 anni fa. Solo per un miracolo la Sacra corona unita che aveva ordinato di far saltare in aria il convoglio non provocò una strage. In Puglia non sono mancati e non mancano né ambienti mafiosi né atti efferati. Ma certamente sconvolge l'intenzionalità di colpire dei ragazzi, visto che hanno atteso che scendessero dall'autobus e si dirigessero verso l'ingresso prima di far esplodere le bombole». Eppure le modalità non sembrano quelle tipiche della criminalità organizzata. Anche il procuratore distrettuale antimafia di Lecce, Motta, ha sollevato perplessità. «L'operazione ha richiesto una certa organizzazione. Non è semplicissimo collocare tre bombole di gas, spostare il cassonetto per nasconderle, aspettare l'orario giusto perché l'ordigno abbia la potenzialità di uccidere. Sono cose che non si improvvisano. Tuttavia è condivisibile la cautela del procuratore. Ci sono però elementi obiettivi: sappiamo a chi è intitolata la scuola, siamo alla vigilia del ventesimo anniversario della strage di Capaci, pochi giorni fa c'è stato l'arresto di una ventina di appartenenti all'organizzazione mafiosa del posto, radicata a Mesagne, che è la cittadina da cui provenivano le studentesse colpite e guarda caso è il posto in cui 30 anni fa è nata la Sacra corona unita. Anche se in effetti una cosa non quadra». Ovvero? «Da qualche anno una parte dell'impegno della criminalità mafiosa è stato indirizzato ad acquisire consenso sociale. Uscendo da una logica di estorsione e usura, i boss hanno cercato soprattutto coperture per la latitanza, addirittura elargendo "contributi a fondo perduto". Quanto è accaduto a Brindisi è in aperto contrasto con questa linea, un crimine così odioso rischia di mandare all'aria anni di "lavoro". Ci sono troppi interrogativi ancora senza risposta, speriamo che le soluzioni arrivino al più presto». Qualche giorno fa a Mesagne è stata bruciata l'auto del presidente dell'associazione antiracket. C'è il rischio di un'escalation? Quale risposta deve dare lo Stato? «Dev'essere ben chiaro a tutti che quanto accaduto a Brindisi non può essere guardato solo in un'ottica territoriale. Dopo l'attentato di Mesagne ho guidato una delegazione con il presidente della Provincia di Brindisi e alcuni parlamentari dal ministro Cancellieri, alla quale abbiamo esposto tutti gli elementi di preoccupazione. Ora si alza di molto il livello dell'aggressione. La parola chiave deve essere repressione che deve essere la più seria, efficace e dura possibile. Quattro anni fa Caserta divenne un caso nazionale perché ci fu la precisa volontà politica del governo di allora di farne una questione nazionale e i risultati non sono mancati. A Brindisi deve succedere lo stesso e gli accorgimenti tecnici per reperire forze sul territorio esistono». Quali sono? «Si potrebbero recuperare subito 600 unità. Esiste un presidio di Polizia di frontiera che aveva senso all'epoca degli sbarchi di clandestini dall'Albania: da qui si possono riportare sul territorio 100 agenti. Altre risorse, alemno 400, possono arrivare dalla Finanza. Nel 2000 per l'Operazione Primavera fu raddoppiato il contingente per il controllo del territorio ma ora controllano gli scontrini. Se poi si chiudesse il Cie, visto che in Puglia ce ne sono altri, si potrebbero recuperare altre 100 unità. Abbiamo presentato una richiesta in tal senso al ministro, aspettiamo risposte in tempi rapidi». A Lecce c'è una delle cellule anarchiche più attive d'Italia. Insieme alla criminalità non c'è il rischio che si crei un mix pericoloso per l'ordine pubblico? «Non metterei insieme cose diverse. Tra l'altro con le condanne di due anni fa l'attività degli anarchici è molto rallentata. Senza dubbio, però, la Puglia deve tornare al centro dell'attenzione del governo come lo è stata in passato». Grillo ha detto che l'attentato era nell'aria come prima di un temporale. Cosa ne pensa? «Non mi vorrà così male da farmi rispondere a Grillo... Piuttosto spero che ora si acceleri sull'istituzione della cabina di regia che abbiamo proposto per corresponsabilizzare la politica sull'emergenza sicurezza. Un organismo informale di cui dovrebbe far parte un esponente di ogni forza politica, anche quelle non presenti in Parlamento, che, nel rispetto delle competenze, avanzi proposte e suggerimenti, in analogia con quanto accaduto per l'Osservatorio sulle manifestazioni sportive».