La preoccupazione di Monti per il vento dell'anti-politica

Davantia tutto questo non può che essere preoccupato lo sguardo di Mario Monti su un lunedì in cui l'unica buona notizia è la tenuta delle Borse di fronte all'incerto esito delle urne in Grecia. Il presidente del Consiglio, com'era scontato, ha rispettato la consegna del silenzio sui dati delle amministrative. E ha fatto sapere che «per la natura stessa» dell'esecutivo non intende commentare i risultati. Ma dal governo trapela una naturale preoccupazione per tutti questi segnali che dimostrano un «disagio sociale» crescente, dovuto principalmente (ma non solo) agli effetti della crisi e che spinge le forze «anti-sistema». Allo stesso modo, il premier è perfettamente consapevole che l'esito delle urne avrà delle conseguenze sul governo. In particolare il partito di Berlusconi alzerà la voce e qualche barricata su alcuni provvedimenti in discussione. Ma nulla di più. Monti resta infatti convinto che nessuno dei partiti abbia alcun vantaggio a staccare la spina. Anche perché, come confida una fonte che gli ha parlato, «farlo ora sarebbe un suicidio». Previsione che pare confermata dalle parole di Alfano, che ha rinnovato il sostegno all'esecutivo, ma anche di Bersani e Cesa. Resta il fatto che due dei partiti della maggioranza hanno subito un duro schiaffo dalle urne. E il terzo, il Pd, non ha certo brillato. Confermando anche in Italia quel trend che si è avuto in altri Paesi europei dove i partiti moderati sono risultati fortemente penalizzati. Perché, al di là delle peculiarità del voto per le amministrative, la diagnosi del premier sui risultati italiani è molto simile a quella del primo turno in Francia, del voto in Grecia e anche delle elezioni regionali in Germania (con il successo dei «Pirati»): lo scontento dovuto alla crisi gonfia le vele delle ali estreme. E se la diagnosi è la stessa, anche la cura non può che essere la medesima: per Monti serve cioè una risposta europea attraverso misure concordate che rilancino l'economia del Vecchio Continente. La ricetta del governo è già sul tavolo europeo (uso del bilancio Ue, rafforzamento della Bei, project bond, scorporo degli investimenti produttivi e dei debiti della Pa). Ora bisogna dare con «urgenza» attuazione ad un nuovo patto per la crescita.