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I partiti non si tagliano un euro di rimborso

Umberto Bossi

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di Nadia Pietrafitta I tecnici dei tre partiti che reggono la maggioranza, dopo ore e ore di trattativa, hanno trovato l'intesa: non si toglieranno nemmeno un euro. Dopo gli scandali, dopo tesori spariti e tesorieri indagati, fondi pubblici finiti in Tanzania e rimborsi elettorali di partiti ormai morti "investiti" in prelibati piatti al caviale, dopo gli enormi sacrifici chiesti al Paese, gli "sherpa" - così sono stati chiamati, come le guide del Nepal ingaggiate per le spedizioni ad alta quota sull'Himalaya - hanno deciso che i partiti non rinunceranno a nulla. Sarà solo più facile - questo il risultato della mediazione - per i cittadini capire quanti soldi hanno. Controlli affidati a una Commissione sulla trasparenza a partire dai rendiconti del 2001, pubblicazione dei bilanci su Internet, obbligo di investire esclusivamente in titoli di Stato e impegno a trasformare l'intesa «in norma di legge nel giro di pochi giorni». Dopo giorni di discussioni e di impegni formali presi ai più alti livelli istituzionali, ecco la «storica» riforma dei finanziamenti pubblici ai partiti. Ma come? Non dovevano tagliare i rimborsi? Mettere un freno a quella mangiatoia che dal 1994 è costato ai cittadini 2,2 miliardi di euro? Almeno rinunciare a quell'ultima tranche del finanziamento che deriva dalle politiche del 2008? Si tratta di 100 milioni di euro complessivi che potrebbero essere dirottati altrove. «Per il sociale», come propone Antonio Di Pietro. Anche perché i bilanci di tutte le formazioni politiche sono in attivo. Non sarebbe un grosso sacrificio. E invece no. L'erogazione del finanziamento - così anticipa il segretario del Pd Pier Luigi Bersani - verrà rinviata a dopo il 31 luglio. Rinviata? Perché? A quando? «Si tratta di un rinvio tecnico - spiega Antonio Misiani, tecnico del Pd - la nuova commissione per la trasparenza inizierà subito il suo lavoro. Cambiando la commissione, cambiano i tecnici». Nessuna rinuncia, insomma? «Assolutamente no. Se Di Pietro vuole, che rinunci pure», è la risposta. E se è vero che per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione e le regole sul finanziamento ci si rimetterà ai tempi del calendario parlamentare già fissato - bisognerà aspettare maggio - è anche vero che quanto fatto - «è una svolta storica», dice Misiani - non convince del tutto. Una Commissione di controllo "ad hoc" composta da presidente della Corte dei Conti, presidente del Consiglio di Stato e Primo presidente della Cassazione; bilanci controllati da società di revisione riconosciute dalla Consob e pubblicati su internet; in caso di «irregolarità, i presidenti di Camera e Senato potranno applicare, su proposta della Commissione, sanzioni amministrative pecuniarie pari a tre volte» le irregolarità commesse. Sono questi alcuni dei punti centrali dell'accordo raggiunto. In più, i partiti potranno investire «esclusivamente» in titoli di Stato e dovranno rendere pubbliche tutte le donazioni che supereranno i 5mila euro. Le contribuzioni dei partiti a fondazioni, enti e istituzioni o società superiori ai 50 mila euro annui comporteranno poi l'obbligo «per questi ultimi di sottoporsi ai controlli della Commissione per la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti». Tutte queste misure, assicurano in un comunicato congiunto i tecnici Gianclaudio Bressa e Antonio Misiani per il Pd, Massimo Corsaro, Donato Bruno e Rocco Crimi per il Pdl, Pino Pisicchio, Benedetto Della Vedova e Giampiero D'Alia per il Terzo Polo verranno «trasformate» in un emendamento da presentare al decreto fiscale ora all'esame della commissione Finanze della Camera. Una proposta di modifica che verrà depositata dei relatori visto che i termini per la presentazione degli emendamenti al testo è scaduto ieri. Soddisfazione viene espressa da Bressa e Pisicchio al termine della riunione. «Si è raggiunto un punto di equilibrio giusto ed efficace - commenta Bressa - in linea con le migliori esperienze europee». «A maggio - avverte il deputato dell'Api Pisicchio - ci sarà anche una netta diminuzione dei rimborsi elettorali». Speriamo. Intanto, tra le altre novità introdotte, si prevede appunto che l'attività di controllo della Commissione verrà avviata già sui rendiconti relativi al 2011 e che i bilanci dei partiti saranno pubblicati sui siti Internet delle varie forze politiche e su un'apposita sezione del sito di Montecitorio. Per quanto riguarda i partiti «che non percepiscono più rimborsi elettorali», questi «saranno comunque soggetti all'obbligo di rendicontazione (di cui alla legge 2/1997) fino al loro scioglimento». E mentre il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa avverte di aver già dato incarico a «una delle più importanti società di revisione a livello internazionale di certificare il bilancio del partito per il 2011 e per gli anni successivi», Di Pietro bolla come «accordicchio» l'intesa raggiunta. Come dire, invece di guidare i propri partiti e tutto il Paese sulla montagna (l'Himalaya), gli sherpa hanno partorito un topolino. L'ennesimo.

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