"Si è dimesso il Bossi sbagliato"

«Si è dimesso il Bossi sbagliato». Nel popolo leghista c'è rabbia e delusione. Nel mirino finisce più che il senatùr suo figlio. Si fa largo la convinzione che la «famiglia» abbia approfittato delle condizioni di Umberto Bossi. Anche quel «Ora facciamo pulizia» scandito dall'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni è stato interpretato non come una bocciatura del senatùr ma come una critica netta al cerchio magico: «Ora faccia un'ultima magia, sparisca», hanno scritto tanti militanti sul Web. Per qualche fan maroniano «ci vuole il cappio come ai tempi d'oro», contro chi «si è approfittato di un uomo malato fino a questo momento». «Gridino pure quanto vogliono, si dimenino come delle bestie in gabbia tanto la loro fine è vicina, molto molto vicina. Sanguisughe!». Ma è Renzo Bossi, consigliere regionale in Lombardia, il più criticato: «Umberto, vai a casa e dagliene tante, ma tante tante», esorta un leghista. «C'è chi non merita di avere il cognome del Capo», insiste un altro. E c'è chi non ci pensa due volte a indicargli la strada: «Renzo, ora tocca a te: abbi il coraggio di dimetterti». Del resto le intercettazioni e i verbali della responsabile amministrativa del Carroccio hanno confermato alcune delle ipotesi messe nere su bianco dai magistrati. Inevitabile che infuocassero il clima in poche ore. Anche la laurea che Renzo Bossi sta prendendo in un'università privata in Inghilterra era «a carico» delle casse della Lega ha detto la responsabile amministrativa Nadia Dagrada. «Anche Renzo Bossi - ha affermato - dal 2010 sta "prendendo" una laurea ad un'università privata di Londra e so che ogni tanto ci va a frequentare e chiaramente le spese sono tutte a carico della Lega, ed anche qui credo che il costo sia sui 130 mila». Parole che confermerebbero le spese «pazze» della famiglia. Ci ha messo il carico da undici il governatore del Veneto, Luca Zaia. Meglio tenere la famiglia fuori dalla politica: ne è convinto l'ex ministro dell'Agricoltura, che ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se non fosse stato un errore candidare Renzo Bossi nel Consiglio regionale lombardo. «Io direi che i familiari devono restare fuori - ha spiegato il governatore - In famiglia ne basta uno. Sennò, facciamo come i baroni dell'università o come negli ospedali». Zaia ha voluto puntualizzare di non avere «nulla contro la persona», tuttavia l'esponente leghista ritiene che «dovremmo puntare a un partito con un codice etico che imponga che i familiari non ci siano». È stato invece proprio Umberto Bossi a difendere Renzo, che tempo fa soprannominò «Trota», rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se il figlio potesse essere il suo «delfino». Il senatùr si è soffermato sulla vicenda dell'auto che, secondo le accuse, Renzo avrebbe acquistato con i soldi della Lega: «Mio figlio mi ha portato le prove che l'auto è sua, se l'è pagata lui e di questo sono certo perché l'ho visto con i miei occhi» ha detto Bossi conversando con i cronisti prima di lasciare Gemonio. Quanto alle spese sostenute per la casa, «quelle accuse sono false perché - ha spiegato il leader della Lega - avevano sbagliato a rifarmi il balcone che perdeva acqua e allora abbiamo chiamato uno della Lega, un bergamasco, che mi ha detto "mando mio cugino che ha un'impresa perché la colpa è nostra e quindi rifacciamo i lavori". Poi - ha proseguito Bossi nel suo racconto - il tipo non si è più fatto vivo per tanto tempo e non so a chi abbia mandato la fattura. Io so solo che anche questa vicenda è molto, molto oscura». E se i leghisti perdonano Umberto Bossi, è la figlia di Bettino Craxi, Stefania, presidente dei Riformisti Italiani, a chiedersi: «Bettino Craxi, che ha portato l'Italia fra i grandi della Terra, è stato trattato come un malfattore; Umberto Bossi, che l'Italia ha cercato di dividerla, ha tutta la comprensione politica e umana. Craxi, al quale non è stato addebitato un soldo per uso personale e familiare di denaro pubblico, è stato definito un "criminale matricolato"; Bossi è l'eroe puro tradito dall'ingordigia del clan familiare».