"Una buona riforma o nessuna riforma"

Sfidare il Partito democratico lì dove è più debole, forte della battaglia fatta dal partito negli ultimi anni. Angelino Alfano sceglie di ripartire dal lavoro. Il segretario del Pdl è a Milano, davanti gli stati generali del partito e si rivolge direttamente al premier: «Monti ha detto che per lui è importante fare un buon lavoro e non tirare a campare. Siamo d'accordo con lui - spiega - o si fa una buona riforma o nessuna riforma». Di più. «Nessuna riforma - ripete - perché se dobbiamo fare una riformetta, fra 5, fra 6, fra 7 mesi, aspettiamo 12 mesi. Tra 12 mesi ci saranno le elezioni politiche, se vincerà la sinistra farà la sua riforma dettata dalla Cgil. Se, come penso, vinceremo noi faremo la nostra riforma proseguendo il cammino delle idee di Marco Biagi. Questo è il nostro progetto», chiarisce. La vicenda della riforma del mercato del lavoro, insiste, «è iniziata male a giudicare dall'esito. Se l'epilogo doveva essere un disegno di legge, cioè un percorso lungo non valeva la pena di fare un logorante e lungo negoziato preliminare». A suo dire, il governo avrebbe dovuto presentare il testo che riteneva giusto e poi ci sarebbe stato lo spazio per discutere nei vari passaggi parlamentari. «È come se il coltello - chiosa - avesse difettato dal manico. Oggi c'è un ddl che parte da un compromesso ed è soggetto a un altro compromesso». Ecco allora la frecciata a Monti e compagni, Fornero in testa: «Se il governo tirerà dritto - ribadisce - ci troverà accanto. Se non sarà così aspettiamo il 2013». Alfano approfitta dell'occasione per rivolgersi anche ai lavoratori. Non devono sentirsi abbandonati. A difenderli non sono certo Camusso e Landini. «Noi ci sentiamo il partito del lavoro, delle assunzioni, mica dei licenziamenti - spiega - Il paradosso normativo è che chi sembra difendere l'occupazione nel presente crea i presupposti per la disoccupazione futura». Ed è per questo che il segretario annuncia che quando si tratterà di prendere decisioni importanti sul tema, il Pdl «farà una valutazione di impatto generazionale» in modo che non siano i giovani a dover pagare scelte sbagliate. «Una scelta sbagliata oggi - sottolinea - avrebbe conseguenze fra dieci anni». Non solo i lavoratori, però. Il Pdl è vicino alle imprese. Anche in questo caso Angelino non ha dubbi: è importante trovare una sinergia dicendo no «a pregiudizi anti-imprenditoriali. Gli imprenditori - spiega - non hanno la fissazione dei licenziamenti ma culturalmente l'idea di allargare le imprese». Il manifesto del Pdl sul lavoro, insomma, riparte da imprese e lavoratori. In Parlamento l'obiettivo sarà quello di velocizzare il più possibile l'iter della riforma, tanto che l'ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, invoca una «preventiva verifica con la maggioranza»: il presidente del consiglio convochi i partiti per cercare una intesa preventiva, dice, «perché altrimenti è meglio rinunciare». Alla battaglia in Parlamento pensa anche Gaetano Quagliariello: «Di tutto si può discutere ma una cosa è certa - assicura - in questo momento il Paese non ha alcun bisogno di un Vietnam parlamentare, e poiché per fare il Vietnam bisogna essere in due, il Vietnam non ci sarà». Il vicecapogruppo del Pdl al Senato ha le idee chiare: «Siamo pronti a fare la nostra parte affinché la riforma produca più assunzioni e non più rigidità, ma sbaglia chi ritiene che possano esserci responsabilità a geometria variabile nei confronti del governo Monti e del Paese».