Il partito dei tecnici non esiste

Di questi tempi non esistono solo bolle speculative finanziarie ma anche bolle politiche. Queste sono altrettanto illusorie e pericolose per tutti quelli che le vanno dietro. È il caso del cosiddetto "partito dei tecnici" che secondo un sondaggio di un autorevole quotidiano raccoglierebbe il 25% degli elettori. È davvero difficile far comprendere ai sondaggisti che tutto ciò che è clamoroso non esiste come diceva un vecchio adagio popolare. Non esiste politicamente un partito dei tecnici visto che il presidente del consiglio, tanto per non far nomi, può avere un gradimento per la sua azione di governo nel breve periodo ma per durare nel medio-lungo periodo o addirittura strutturare una forza politica ha bisogno di qualcosa che non ha e cioè una cultura politica di riferimento condivisa, un’organizzazione collegiale e una militanza democratica. E questi sono tutti elementi che non si costruiscono dalla sera alla mattina come dovrebbero sapere quanti criticano la telecrazia, nuova versione tecnica dell’azione degli imbonitori. Mario Monti è persona seria che ha fatto un suo percorso culturale e gestionale incentrato essenzialmente nella dottrina economica e, sul terreno più squisitamente istituzionale, nel difendere le regole comunitarie del mercato interno e della concorrenza nella sua qualità di commissario europeo. Ma Monti sa che una cosa è difendere una regola e altra cosa è determinare le regole sulle quali chiedere e ottenere il consenso. La differenza tra i due compiti è la differenza tra un tecnico ed un politico. Organizzare regole su vari terreni del vivere civile e particolarmente su quello della finanza e dell’economia richiede, inoltre, un’elaborazione collegiale che solo una formazione politica può garantire. Si può opporre alla nostra tesi l’esempio di Silvio Berlusconi che in tre mesi vinse le elezioni con un partito nuovo di zecca. Chi lo volesse ricordare dovrebbe anche rammentare che nel tempo in cui nacque Berlusconi si era creato un vuoto di rappresentanza nell’area moderata laica e cattolica con la scomparsa della DC e del PSI. Inoltre l’uomo di Arcore aveva dalla sua la macchina televisiva di cui era proprietario e una cultura populista capace di parlare alla pancia degli elettori che Monti, grazie a Dio, non ha. È pur vero che oggi l’antipartitismo e l’antiparlamentarismo possono prefigurare un vuoto politico analogo a quello del 1994 ancorché diverso per qualità ma in quella occasione c’era un antico avversario da battere, la famosa macchina da guerra di Achille Occhetto che nonostante ogni mimetismo era pur sempre vista come una macchina comunista. Le condizioni di oggi sono del tutto diverse e alcuni "tecnici", siano Monti o Passera, possono svolgere più agevolmente un ruolo dentro i partiti preesistenti aiutandoli a rinnovarsi ma più ancora a recuperare identità smarrite e metodi democratici nel dibattito interno e nella selezione della futura classe dirigente che non fare ennesimi partiti. Fuori da questa prospettiva c’è solo una "bolla politica" evanescente e produttrice di disastri come ogni bolla finanziaria cui i mercati deregolamentati ci hanno da diverso tempo abituati. E anche il risultato sarebbe simile. Di lì una nuova povertà economica e finanziaria bruciando risparmi di una vita e di qua illusioni capaci di mettere in un falò speranze e bisogni di un’intera generazione. Resta, però, il dato di fondo di questo nostro ragionamento, e cioè la responsabilità delle attuali forze politiche nel ridare al Paese respiro strategico e riconoscibilità proprie senza delle quali continueremo ad identificare come partiti solo organizzazioni personali e comitati elettorali con i rischi che la dolorosa vicenda della Margherita ci sta mettendo sotto gli occhi ogni giorno. Se tutto ciò dovesse continuare, forse, non sorgerebbe il partito dei tecnici ma un’organizzazione diversa e autoritaria che potrebbe anche essere guidata da un tecnico ma che sarebbe sostenuta da forze oscurantiste che metterebbero in discussione anche i modelli di democrazia per come li abbiamo visti e vissuti negli ultimi sessant’anni di vita repubblicana. E non sarebbe una buona cosa per l’inquieta ed affannata società italiana.