Cari pessimisti state comodi...

Scorrendo le notizie provenienti dalla base lunare Italia, mi è venuta in mente una frase di Winston Churchill: «Un pessimista vede difficoltà in ogni opportunità, un ottimista vede opportunità in ogni difficoltà». Da noi i pessimisti abbondano, mentre gli ottimisti sono trattati come dei fessacchiotti. I primi discutono all’infinito dei problemi, aprono e rovesciano tavoli per lasciare tutto come prima; i secondi invece buttano giù due appunti, un piano d’azione e si rimboccano le maniche per realizzarlo. I pessimisti sono tranquilli, non sbagliano mai, ma non lasciano traccia della loro presenza perché non inventano niente; gli ottimisti possono fare cilecca e cadere, ma spesso fanno centro e passano alla storia, grande o piccola essa sia. I pessimisti in Italia sono una maggioranza rumorosa e ideologicamente trasversale. Abitano tutti gli schieramenti politici e attraversano ogni classe sociale. Oscillano tra cotone e cachemire, stalla e salotto, cucina e ristorante. Gli ottimisti ne sono inesorabilmente circondati, ma vanno avanti e innovano per il piacere di farlo. Il pessimista raramente legge qualcosa di utile e avventuroso, ha un bagaglio di citazioni sempre pronte e non ama essere contraddetto. Egli ha sempre ragione. Il pessimista non conosce le virtù del Robinson Crusoe di Daniel Defoe e il mito del «self made man», dell’uomo che si realizza con le sue mani, gli fa un po’ schifo. È questa la metafora della battaglia all’italiana tra gli antichi e i moderni, tra conservatori e rivoluzionari. Il pessimista quando vuole darsi un tono da intellettuale dice che l’ottimista è un «pifferaio magico» e non bisogna seguirlo. È il trionfo del controsenso, il festival della faccia di bronzo. Così la sinistra in Italia può stare con Monti e poi andare in Francia e sostenere quel tizio, Hollande, che combatte le idee a cui si ispira il nostro premier. Oppure il centrodestra può per mesi trattare Sarkozy come un fellone, salvo poi tifare per lui perché «altrimenti che figura facciamo...». Tu chiamale, se vuoi, contraddizioni. Monti manderà in Parlamento la riforma del lavoro. Sarà approvata, ma la maggioranza dei pessimisti dirà che no, non bisognava farla. Mentre i pochi ottimisti, in silenzio, creeranno nuovi posti di lavoro.