I sogni del Partito dello Sfascio

Ha ragione Sechi: adesso l’avversario da sconfiggere è il Partito dello Sfascio. Ma che cosa vuole questo partito? Vuole, dicono i suoi capetti, “il ritorno alla normalità”. E qual è, secondo loro, la “normalità” alla quale si dovrebbe ritornare? Non si creda che essa consista semplicemente nella “normale” lotta democratica sospesa mediante il ricorso al presente “governo dei tecnici”. La “normalità” di cui i maestrini del Partito dello Sfascio sognano il ritorno è la situazione politica, ideologica e culturale precedente al ventennio berlusconiano. Che ognuno ha naturalmente il diritto di giudicare secondo i suoi gusti e le sue idee, ma di cui nessuno può pretendere di misconoscere la portata. Persino chi pensa e sostiene – come alcuni giorni fa ha fatto soavemente Scalfari rispondendo in tv a una domanda di Daria Bignardi – che il ventennio berlusconiano non ha lasciato assolutamente “niente” né di buono né di male, affermando contestualmente la necessità di distruggere questo “niente”, gli conferiscono senza avvedersene la consistenza e il potere di un ostacolo da abbattere, ossia di qualcosa che ovviamente può essere tutto fuorché un “niente”. Questo “niente”, infatti, deve pur esser qualcosa se si giudica necessario rimuoverlo. Naturalmente è più che verosimile che questo “qualcosa”, alle menti di quanti ne invocano la rimozione, si presenti come un mucchio di rifiuti e di detriti. Ma in questo caso il problema del significato che ha per loro l’espressione “ritorno alla normalità” si può risolvere facilmente individuando il principale dei tanti esecratissimi effetti dell’èra berlusconiana. Quale può essere dunque per loro il più pernicioso di quegli orrori? Questo massimo orrore, per questi affamati di “normalità”, non è semplicemente questa o quell’altra delle tante novità generate, nella nostra vita politica, da quell’evento – felice o infausto, secondo i gusti – che fu la “discesa in campo” del Cav. Si potrebbe pensare, per esempio, che la principale di queste novità sia stata la creazione dal nulla di un movimento liberale di massa che è riuscito a intercettare, per la prima volta nella storia del nostro paese, le attese e i bisogni di ceti precedentemente privi di uno straccio di rappresentanza politica. O che sia stata lo stop imposto dall’inatteso primo successo elettorale di quel movimento a quella che prima di quell’exploit era sembrata a tanti l’ormai irresistibile marcia verso il potere di una sinistra sfuggita per il rotto della cuffia al tritacarne giustizialista, anzi in effetti salvaguardate dalla benevolenza del circo mediatico-giudiziario. O si potrebbe indicare l’introduzione di quell’attrezzo politico – il bipolarismo – che se a molti sembra la sola inoppugnabile conquista democratica dell’èra berlusconiana è oggi detestato da tanti rancorosi nostalgici della Prima Repubblica. Il più intollerabile degli orrori da rimuovere potrebbe persino sembrare l’epilogo non troppo esaltante della grande offensiva sferrata dal Partito della Gogna, matrice del Partito dello Sfascio, contro la corruzione in politica, un fallimento che si direbbe attestato non tanto dal fatto che il fenomeno dell’intreccio politica-affari, dopo suppergiù vent’anni di attacchi e battaglie, non sia stato ancora estirpato, ma soprattutto dall’inesplicabile capacità dimostrata finora dal Cav., massima espressione simbolica di quell’intreccio, di sfuggire metodicamente alla presa dei suoi accusatori. Il più esecrabile effetto di quel “niente” che sarebbe stato l’evento Berlusconi non è infine nemmeno la scomparsa di quella che era una volta la “forma partito” che si era imposta da noi fin dalla fine della guerra. È piuttosto l’assoluta imprevedibilità di quel che è accaduto da noi negli ultimi vent’anni. Ciò che i fautori del Partito dello Sfascio non cesseranno mai di trovare intollerabile nell’èra berlusconiana è insomma proprio la sua natura di evento squisitamente inatteso. E il “ritorno alla normalità” che essi sognano è perciò il ritorno a una realtà che sembri loro prevedibile e governabile in base ai loro schemi e alle loro abitudini come quella che prima del suo collasso si era lasciata appunto prevedere governare a lungo da loro. Il loro è dunque un sogno di orfanelli ancora sbigottiti dalla scomparsa di quella che resta per loro la sola realtà accettabile.