Napolitano fischiato: non tifo per le banche

Fischi, contestazioni, proteste. Con questo spirito Giorgio Napolitano è stato accolto a Cagliari. Si è trattato di gruppi di scontenti meno numerosi rispetto ai tanti accorsi per applaudirlo e per stringergli la mano ma, con i loro fischietti, sono riusciti a colpire nel segno e a lasciare nel cuore di Napolitano un velo di tristezza. Sono disoccupati, gruppi organizzati contro Equitalia, indipendentisti, pastori sardi, il «Movimento della partite Iva», i «Liberi artigiani e Commercianti» e, da ultimo, il movimento dei sindaci del Sulcis. Tutti uniti con l'unico intento di alzare le barricate. Far sentire la loro voce. E per questo hanno accompagnato il Capo dello Stato durante l'arco di tutta la sua visita nel capoluogo sardo. Lo hanno fischiato alla stazione marittima durante la cerimonia di inaugurazione di una scultura dell'artista Pinuccio Sciola da titolo «Il Tricolore d'Italia», hanno replicato mentre Napolitano incontrava il sindaco della città Massimo Zedda, la Giunta ed il Consiglio comunale. E hanno continuato a fine mattinata fuori dal Teatro Lirico mentre all'interno il Capo dello Stato prendeva la parola durante un convegno sul ruolo della Sardegna nell'Unità d'Italia. E proprio nel suo intervento Napolitano ha risposto a tutte le critiche che gli erano state mosse soprattutto a quella del movimento dei sindaci del Sulcis ritenuti gli autori della definizione nella quele si identificava in Napolitano un uomo rappresentante delle banche e del capitale finanziario: «È una definizione umoristica». Poi aggiunge: «Sento la responsabilità» di dare il mio contributo all'avvio di una stagione di interventi per il rilancio dello sviluppo economico del Paese «visto che non rappresento né le banche, né il capitale finanziario, come qualcuno umoristicamente crede e grida». E, chiudendo la parentesi sulle proteste, aggiunge: «Io sarò accanto a chi darà il suo apporto a questo sforzo collettivo di rilancio dell'Italia e della costruzione di una nuova Europa». Parole che permettono a Napolitano di incardinare un altro tema a lui molto caro che è quello delle riforme: «Io credo che si debba fare un tratto di strada ora, in questa fase politica e istituzionale, a un anno di distanza dalle prossime politiche». Un tratto di strada che nella mente del Capo dello Stato deve permettere ai partiti di trovare validi accordi per «per ridisegnare l'architettura istituzionale del nostro Stato perché c'è ancora molto da fare». E «in un tratto di strada significativo», come quello che l'Italia sta attraversando con il governo Monti, «tocca farlo alle forze politiche, ai partiti in Parlamento, alle istituzioni regionali, al di là della caratterizzazione fuori dai binari ordinari com'è stato necessario per il governo attuale chiamato ad affrontare la crisi economica». «Anche in questo anno di tempo - ha insistito - bisogna cercare di costruire qualcosa che non è stato possibile realizzare sul piano delle riforme istituzionali per via della passata fase di conflittualità distruttiva e incomunicabilità», dalla quale «è risultato paralizzato ogni possibile sviluppo anche sul piano delle riforme istituzionali e costituzionali. Abbiamo bisogno in questa fase di far funzionare questo cantiere in Parlamento». In conclusione non poteva mancare un riferimento alla coesione nazionale: «L'Unità nazionale e la sua pienezza non si è fatta una volta per tutte» ma va conquistata giorno per giorno. «Rimaniamo lontani da un suo compimento: la maggiore incompiutezza è stata e resta il divario tra Nord e Sud: rimane il punto debole» del processo di unificazione dell'Italia.