Il relitto della Concordia sull'orlo dell'abisso

Ilcomplesso sistema di sorveglianza elettronica allestito in meno di 36 ore da uno dei massimi esperti di frane, il professor Nicola Casagli, docente di Scienze della terra dell'università di Firenze, che aveva previsto le frane delle Cinque Terre con tre anni di anticipo, tiene sotto controllo costante la nave arenata «su due speroni di roccia a -18 metri con una superficie di circa mille metri quadrati». La centralina di monitoraggio l'altra notte aveva rilevato un movimento di circa 2 centimetri. In mattinata la nave si è spostata di 7 millimetri a prua e 15 a poppa all'ora. Ancora pochi i dati a disposizione per stabilire se la nave si stia spostando verso il precipizio o si tratti di movimenti di assestamento. Nel pomeriggio le oscillazioni sono state più limitate. L'esperto ha chiesto ai sommozzatori alcune verifiche, soprattutto quella di rilevare se sul fondo ci sono «strisce» che indicherebbero uno scivolamento lungo quel declivio del 26% che porta all'orrido profondo 80 metri. Per tenere sotto controllo la Concordia i vigili del fuoco utilizzano anche il computer «Rov», un robot che «registra immagini e dati e fa anche ricerca di corpi in acqua - ha spiegato Luca Cari, capo ufficio stampa dei vigili del fuoco - Per ora il computer subacqueo - ha perlustrato 10.000 metri quadri a poppa e prua». Una riunione del coordinamento delle squadre operative nel tardo pomeriggio ha dato il via libera alla ripresa delle ricerche ma solo nella parte emersa. L'altro fronte ancora aperto è quello dello svuotamento dei serbatoi per evitare il disastro ambientale e provvedere alla rimozione del relitto. Ieri il governo ha dichiarato lo stato d'emergenza e nominato commissario il capo della Protezione civile Franco Gabrielli. Al Giglio è arrivata la nave anti-inquinamento Orione della Marina Militare. «Per ora non abbiamo ricevuto attivazioni, ma siamo pronti ad intervenire in qualsiasi momento» ha detto il comandante, capitano di fregata Luca Licciardi. «La Marina Militare - ha detto invece il capo di Stato Maggiore della Marina amm. Branciforte - sta già operando con gli uomini dei reparti specializzati del Gruppo operativo subacquei, la cui base è a La Spezia. Attualmente in zona di operazioni c'è un team composto da una decina di militari che resterà operativo fino a quando sarà richiesto e sarà necessario». Chi invece ha lasciato il campo delle operazioni è il gruppo di 72 tecnici del Soccorso alpino-speleologico, essendo venute meno le condizioni per la loro attività. Il timore principale è legato alle onde che potrebbero favorire lo scivolamento dello scafo. A quel punto ci sarebbe il rischio di una rottura del bunker con fuoriuscita del carburante scatterebbe immediatamente l'intervento per contenere l'inquinamento. Una simulazione di quanto sarebbe potuto accadere è stata preparata dai ricercatori che partecipano al progetto europeo Argomarine, che si occupa proprio di tracciare le perdite di petrolio nei mari. Se l'incidente avesse provocato subito la perdita di tutto il carburante in mare, in pochi giorni quasi tutta l'isola del Giglio avrebbe subito gli effetti di una vera e propria «marea nera». Nel video si vede come le correnti avrebbero potuto spingere il carburante nel mare prima al largo, per poi farlo tornare indietro e fargli investire gran parte dell'isola: «Questo è uno scenario ipotetico, scongiurato dai mezzi di soccorso che sono già posizionati e sarebbero pronti ad arginare una eventuale fuoriuscita - spiega Michele Cocco - l'unico pericolo è un forte peggioramento delle condizioni meteo, al punto da far ritirare i mezzi, ma è poco probabile in questi giorni». Il consorzio Argomarine è coordinato dal Parco dell'arcipelago toscano, e vede la partecipazione di diversi centri di ricerca europei.