Il compitino senza la politica

Le statistiche non sono mai uno specchio fedele della realtà, ma un mezzo per capirla un po’ meglio. Quando ho visto le liberalizzazioni mi sono chiesto: sono utili alle famiglie? La risposta ho cominciato a cercarla nei dati dell’Istat. Una coppia con 2 figli in Italia spende il 19,1% del suo reddito mensile in alimentari, il 7,3% nel vestiario, il 33,4% nell’abitazione, il 18,1% nei trasporti, il 6,1% nel tempo libero e il 16,1% in un «altro» dove rientrano vari tipi di acquisti di beni e servizi. Nutrirsi, vestirsi, muoversi, abitare, sono i cardini dell’esistenza e su questi temi deve ragionare chi fa politica. È stato fatto? Ho i miei seri dubbi. E so di non esser solo. Il governo ha cercato di mettere insieme un paniere il più ampio possibile, tirando le conclusioni con un testo pieno di un po’ di tutto, ma senza quello che sul ring si chiama «il colpo del ko». Una squadra di professori fa il compitino, ma poi non emoziona perché ha un limite nell’assenza dell’arte politica. Monti giustamente rivendica la bontà del lavoro fatto, parla di provvedimento «corposo e incisivo». Ma quando Pierluigi Bersani dice «impegno lodevole, ma si può fare di più» e quando Silvio Berlusconi afferma di «aspettarsi di essere richiamati» esprimono delle riserve più che comprensibili. Nella transizione il Pd e il Pdl rischiano grosso e sotto sotto cominciano a pensare che la formula del governo Monti vada corretta. Non vogliono sabotarlo, ma se votano quel che fa debbono poter contare sul fatto che a Palazzo Chigi c’è un alleato leale non un futuro avversario. L’ho già scritto e lo ripeto: la crisi economica è di proporzioni enormi, l’Italia ha davanti due anni di recessione e la prospettiva concreta di vedere bruciati centinaia di migliaia di posti di lavoro. Il governo Monti dura fino al 2013 ma poi che si fa? Si vota con questo assetto istituzionale? E si candidano anche i tecnici, magari in liste che puntano a scomporre Pdl e Pd? Si va alle urne dopo aver visto i forconi in Sicilia, le ampolle al Nord, i trattori dipietristi al centro, le zappe vendoliane al Sud e mille proteste neocorporative che sfociano nel voto descamisado? I due principali partiti devono collaborare perché hanno un interesse comune: salvare la politica.