«Tutto può succedere, tutto può accadere fino all'ultimo momento.

Iopenso che a nessuno faccia piacere votare per mandare qualcuno in galera. Non piace a tanti leghisti. Non piace a tanti dell'Udc e, guardi, anche a tantissimi del Pd». Marco Milanese l'ha provato. Ha provato quello che sta vivendo oggi Nicola Cosentino. Aspettare che il Parlamento, ovvero il tuo vicino di banco, quello che sta seduto dall'altra parte dell'emiciclo, quello a cui una volta hai riservato una battuta di troppo o ti sei dimenticato di richiamare, decida o meno di mandarti in carcere. Alla fine possono essere questi i dettagli che contano più di ogni altra cosa. Milanese ci è passato. E non va nemmeno di ricordarlo: «So cosa significa, so cosa si prova. Lo giuro: non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Dicono: "Ai cittadini normali non è riservato questo privilegio che il tuo futuro debba essere deciso dai tuoi colleghi". Falso, ai cittadini normali non viene riservato questo trattamento. Che ti indagano perché se ti buttano dentro possono condizionare l'attività politica, il governo. Lasci perdere. Non mi faccia parlare». I napoletani, gli amici di Cosentino in Transatlantico fanno capannello. Ci sono Cesaro, Laboccetta. Lui resta rintanato. In questi giorni le telefonate con Berlusconi sono state strazianti. L'ex sottosegretario è certo di finire dietro le sbarre. Ha raccontato di essere rimasto a casa, in famiglia. E che i suoi gli hanno chiesto incessantemente che cosa accadrà. Che cosa succederà nella loro vita. Un familiare stretto gli ha persino chiesto: «Ma è vero che chi fa politica è camorrista? Anche tu lo sei?» I dubbi che si insinuano persino dentro le mura domestiche per colpa, ha spiegato al Cavaliere, di una campagna stampa martellante. Berlusconi è rimasto molto scosso da quelle conversazioni al punto che è sceso in campo personalmente per salvare il suo deputato dal carcere. Ma l'incontro con Bossi è andato a vuoto. E dunque ha dato indicazione di recuperare voto su voto. Fabrizio Cicchitto a metà pomeriggio lancia un avvertimento urbi et orbi: «Se qualcuno pensa che operazioni di questo tipo non peggiorino il quadro e i rapporti politici, sbaglia in modo profondo». In gioco, dunque, sembra esserci anche il governo. A sera, stando ai calcoli del Pdl, mancano una settantina di voti in Aula per ribaltare il verdetto della Giunta e scongiurare le manette. Compresi i dissidenti del Pdl, il pezzo della Lega che voterà contro, il tutto compensato da qualche voto da sinistra, i Radicali e forse spezzoni dell'Udc: il partito di Casini in Campania è al governo con il Pdl. Se i democristiani votassero per l'arresto del coordinatore di un partito alleato è inevitabile che ci sarebbero conseguenze. Settanta voti in meno, ovviamente in ipotesi di voto segreto, significa recuperarne 35-40. Ovvero tramutare una quarantina di attuali "sì" alla custodia cautelare in "no". Non è facile.