Bossi sta col Cav e si prepara al voto

Tuttie 59 i deputati nordisti non hanno voluto far mancare il loro sostegno al governo e così, puntuali alle 15.30 hanno fatto ingresso nell'Emiciclo di Montecitorio per votare, compatti, a favore del rendiconto generale dello Stato. «Noi il nostro dovere lo abbiamo fatto - è stato lo sfogo di un deputato fedelissimo dell'Umberto - invece è proprio il Pdl che ha tradito il Cav. Questo è il dato politico. Credo proprio che così non si possa andare avanti. Meglio il voto. I traditori non ci sono mai piaciuti e noi oggi abbiamo dimostrato che la Lega non farà mai mancare il proprio sostegno all'Esecutivo benché la nostra base continui a chiederci di scaricare Berlusconi». In Transatlantico, ancora prima che il presidente Fini aprisse la seduta, l'aria non faceva sperare in nulla di buono. I leghisti avevano abbandonato la speranza di vedere la maggioranza reggere già da tempo. Ora l'obiettivo di Bossi e company era quello far fare un passo indietro, o meglio «di lato», al Cav magari con il passaggio del testimone ad Angelino Alfano. Un desiderio assecondato solo a metà. Infatti, come annuncerà il premier, le dimissioni le darà dopo il varo della legge di stabilità e per lasciare spazio a elezioni anticipate. Eppure prima di arrivare a questo risultato, la Lega ha impegnato buona parte della giornata in continui vertici con il Pdl e lo stesso Cav. Incontri che si sono protratti fino a serata inoltrata. Il primo subito dopo l'esito della votazione. Sono le 16.15. Bossi raggiunge il premier nella sala del governo di Montecitorio. Un vertice al quale prendono parte i ministri Giulio Tremonti e Roberto Calderoli, lo stato maggiore del Pdl e i capigruppo della Lega di Camera e Senato, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo. Il secondo a Palazzo Chigi poco prima che Berlusconi salisse al Colle. Sono le 17.15 e Bossi, sollecitato dai giornalisti desiderosi di sapere se il Cav rassegnerà le dimissioni, replica: «Ora Vado a parlarci». E dopo avergli parlato, alla stessa domanda dei cronisti, lapidario replica: «Aspettiamo qualche minuto, al Quirinale deciderà cosa fare». Ed è proprio in quell'ora che va dalle 18.30 alle 19.30 mentre Berlusconi è a colloquio con Napolitano che i leghisti tornano a chiedergli un passo indietro. E a farlo è il sindaco di Verona Flavio Tosi prospettando, in caso contrario, scenari pericolosi: «Se Berlusconi non passa il testimone, rischiamo di perdere anche le prossime elezioni come quelle di Milano». Un pericolo che conferma i timori sempre più spesso manifestati a Bossi da chi ha contatti diretti con il territorio. Poi aggiunge: «Nell'interesse della coalizione, sarebbe meglio che passi la mano e indichi un altro premier nella maggioranza, così si potrebbe gestire un passaggio morbido». Se invece il premier scegliesse la strada della fiducia, secondo Tosi, «si rischia di venire "impallinati" in Parlamento». Eventualità alla quale il Carroccio non darà sostegno visto che «ha sempre avuto un atteggiamento di grande lealtà». Infine l'ultimo vertice in serata. Sono le 20 quando il Cav decide di riunire a Palazzo Grazioli lo stato maggiore di Lega e Pdl per relazionare sull'incontro con il Quirinale e per studiare assieme l'ormai inevitabile exit strategy. E se di strategia si tratta allora Bossi inizia a mandare messaggi chiari. E lo fa partendo proprio dall'abbigliamento perché ci sono momenti nei quali i simboli hanno un significato molto preciso. E così la sobria camicia azzurra lascia il posto a quella verde che Bossi ha deciso di indossare arrivando a palazzo Grazioli. Nulla di strano, considerato che si parla del leader della Lega, ma non era mai successo che il Senatùr scegliesse di vestirsi in questo modo per un vertice al via del Plebiscito. L'avvertimento è chiaro: comunque vadano le cose i Lùmbard sono pronti a tornare al movimento di "lotta" più che di "governo" che piace tanto alla base. Un nuovo look che ha contagiato anche il più istituzionale Maroni che si è presentato dal Cav in camicia sbottonata e scarpe da tempo libero. Abbigliamento a parte, per ora Bossi aspetta di vedere l'evoluzione delle cose rimanendo al fianco dell'"amico Silvio". Eppure la Lega avrebbe già ben chiaro come comportarsi. Il voto anticipato in questo momento non converrebbe al movimento, ammettono i maroniani, e, anche se nessuno lo dice ufficialmente, molti pensano che la soluzione ideale sarebbe quella di un governo tecnico. Un esecutivo del quale la Lega non ne farebbe parte e, stando all'opposizione, potrebbe approfittarne per puntare di nuovo sulle sue battaglie storiche e accrescere il consenso elettorale. In questo modo, sono convinti, nel 2013 il partito "sfonderebbe", magari proprio con un ticket Alfano-Maroni. Detto questo, però, al momento la linea ufficiale del partito resta quella del ritorno alle urne, cara ai fedelissimi dell'Umberto. Ipotesi che permetterebbe di votare con il "Porcellum" e così decidere chi sarà rieletto. Elezioni o governo tecnico comunque poco importa. Ai leghisti interessa aver comunque messo all'angolo il Cav tanto che un consistente gruppo di deputati "verdi" hanno voluto festeggiare ieri sera da "Memmo" al grido di «Padania libera da Berlusconi».