Ho fatto il censimento. Che sudata ...

Lo ammetto, ci ho provato. Ho parcheggiato il plico di 81 pagine (una di introduzione, 16 di guida e 64 di modulone) dell'Istat in un cassetto. L'ho ignorato per dieci lunghi giorni poi ho deciso di fare il mio dovere di bravo cittadino e ho affrontato la sfida nella prima fredda domenica autunnale. L'impatto? Terribile. La prima scelta, provare a collegarsi via internet oppure ripiegare sulla cara vecchia penna e consegnare il malloppo di carta alla Posta? Decisione obbligata perché solo per scrivere la password ho impiegato 20 minuti: due lettere minuscole, qualche altra maiuscola e tanti numeri per un totale di 14 caratteri. Ho sbagliato, ho inserito prima il pin del telefono, poi quello del telecomando e del bancomat, infine quello di Sky. Mi sono arreso anche perché poi ho scoperto che al di là dei miei errori matematici, il sistemone era bloccato perché erano arrivate troppe richieste. Allora la penna, facile facile, basta mettere un segno per saziare il mio senso civico già abbastanza provato da anni di trasfusioni fiscali da lavoratore dipendente. E allora, mi immergo nelle carte non senza aver consultato la preziosa guida di 16 paginette. Studio, scelgo il luogo dove posso stare solo allontanando le urla di moglie e bambini: il bagno. Mi concentro, poi mi va l'occhio sullo stato civile: «Le persone coniugate che non vivono più col proprio coniuge a causa di uno stato di crisi della coppia devono barrare la casella 3 (separato/a di fatto) e non la casella 2 (coniugato/a)». Boh, vengo assalito da tanti dubbi. Mi vorrei dare una barrata in testa, ripercorro tutti gli errori della mia vita, poi cerco di capire lo stato di crisi della coppia e che cosa possa interessare all'Istat. Giro pagine su pagine, mi fermo su una domanda fondamentale: «Di quanti impianti doccia e/o vasca da bagno dispone l'abitazione?». A quel punto mi blocco e abbraccio la mia doccia, la coccolo quasi come fosse la Canalis... Riprendo la mia battaglia, do un bacetto alla caldaia e vado avanti. «Dove si trovava cinque anni fa?», rifletto e penso ma che gli fregherà a questi qui sapere questa cosa e soprattutto che potrò rispondere io che non ricordo nemmeno le cose che faccio dieci minuti prima. Infine sbotto sull'ultimo ostacolo. «Hai difficoltà nel vedere, sentire, camminare e soprattutto concentrarti?». Sull'ultima di sicuro perché sono già 40 minuti che sono asserragliato dentro il bagno ma almeno ho la certezza di non aver sbagliato nulla sugli elementi che lo compongono: ero lì. Non mi arrendo, barro a destra e sinistra, vado sulla persona 2, mia moglie. Affronto sereno anche se qualche problema nel ricordare la data del matrimonio c'è. Vado sui figli, prima una poi l'altra, asilo, terza elementare, blabla, ormai sono padrone del sistema e chiudo in 46 minuti e 13 secondi. Ce l'ho fatta, ora domani consegno tutto alla posta e sono fuori dal tunnel, ho evitato il multone da duecento a duemila euro per chi non chiude la pratica (ma che siete matti?). Poi leggo: «Potremmo avere bisogno di contattarla per chiederle chiarimenti sulla compilazione, ci può dare il suo telefono e la sua mail?». Pure questa, non è finita, potrei essermi sbagliato sul numero delle mogli o dei figli? Oppure sull'impianto di riscaldamento a gas naturale o a metano? Esco dal bagno e mia moglie mi chiede. «Allora dove porti i bambini per un paio d'ore? Ricordati domani devi andare a pagare le bollette alla posta? Che facciamo andiamo a pranzo da mia madre?». Mi verrebbe da usare il plico ma il lavoro svolto non merita una fine così ingloriosa. Faccio finta di nulla, urlo, esulto come a un gol della Lazio. Poi squilla il telefono: «Pronto sono mamma, Luigi per favore mi compili il modulo del censimento che non ci capisco nulla?». Penso di svenire ma dico sì. Sono finalmente un cittadino modello ma tra dieci anni provate a risparmiare qualche albero riducendo i fogli e semplificando la compilazione.