Berlusconi: "Dai pm solo con i legali"

Silvio Berlusconi sfida le procure. Domani scade "l'ultimatum" imposto dai pm di Napoli per sentire il presidente del Consiglio quale testimone nel procedimento per un presunto ricatto ai suoi danni operato dall'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini e lui decide di prendere tempo. Aspetta. Non vuole cercare lo scontro, ma - semplicemente - "giocare" ad armi pari e non consegnarsi a quello che lui stesso, nella lunga lettera inviata a Il Foglio, definisce «un trappolone politico - mediatico - giudiziario». «Allo stato Berlusconi non si presenta ai pm di Napoli», annuncia in mattinata l'avvocato Piero Longo ai cronisti. La strategia difensiva dei legali del presidente del Consiglio è chiara: Berlusconi ha spiegato ogni cosa nel memoriale inviato in procura, il faccia a faccia con i pm, pertanto, è superfluo. Al massimo, concedono i penalisti, il Cavaliere potrebbe essere ascoltato come imputato in un procedimento connesso (quello sul Rubygate, in corso davanti al Tribunale di Milano) e in tale veste avrebbe diritto alla presenza del difensore e può, soprattutto, avvalersi della facoltà di non rispondere. È una nuova istanza presentata nel primo pomeriggio di ieri, messa a punto dagli avvocati Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, a riproporre la questione di «Berlusconi indagato in procedimento connesso», già respinta giovedì dai pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock. Non si tratta di una richiesta-fotocopia in quanto il documento è arricchito di considerazioni di carattere tecnico-giuridico in risposta alle argomentazioni dei pubblici ministeri. Ma già appare scontata una nuova bocciatura da parte dei magistrati. A farlo capire è il procuratore Giovandomenico Lepore che non perde tempo a ribadire che, se entro domenica sera - ultima delle quattro date indicate dalla procura per l'interrogatorio del premier - la situazione rimarrà invariata, la procura valuterà le iniziative da prendere. Resta quindi in piedi la prospettiva di un «accompagnamento coatto». In caso di ennesima risposta negativa del Cav, gli inquirenti già lunedì prossimo potrebbero avviare la procedura rivolgendosi alla Camera per l'autorizzazione a procedere, necessaria per richiedere l'accompagnamento coatto del presidente del Consiglio. La cosa introduce scenari inediti, anche e soprattutto sotto il profilo formale: è ipotizzabile infatti riconoscere un «fumus persecutionis» nei confronti di una persona non sottoposta ad accuse ma ritenuta vittima di un reato? Lo scontro istituzionale sembra ormai inevitabile anche se resta comunque aperta - si tratta comunque di un'ipotesi residuale - una soluzione meno traumatica: Il procuratore Lepore non ha escluso, infatti, che gli atti del processo possano essere trasferiti a un altro ufficio giudiziario, prescindendo dall'interrogatorio del Cav. Del resto sulla questione della competenza territoriale gli stessi inquirenti partenopei danno per scontato che l'inchiesta prima o poi dovrà andare via da Napoli. Roma sembra la destinazione più probabile, dal momento che la consegna del denaro ai coniugi Tarantini e a Lavitola contestata dai magistrati sarebbe avvenuta nella Capitale. Sarà il Tribunale del Riesame a decidere. In parlamento, intanto, va in scena l'ennesimo duello. Motivo del contendere, dopo le oltre 100 mila spiate già ieri sui giornali, le intercettazioni. La maggioranza dice basta e annuncia che punta all'approvazione del ddl ora all'esame della Camera. «Il provvedimento va calenderizzato al più presto», spiega Gaetano Quagliariello che non nasconde «il dubbio concreto» che abbiano intercettato il presidente del Consiglio in persona. «Ci sono ancora delle modifiche da fare - aggiunge - ma il compromesso raggiunto in commissione Affari costituzionali a Montecitorio, pur non risolvendo il problema, è un buon punto d'inizio». Il Pdl, intanto, invoca l'intervento del Csm, affinché «vigili» sull'operato delle toghe. Lunedì, poi, c'è l'udienza per il caso Mills. Il Cav - che prima aveva fatto sapere tramite i suoi avvovati che non si sarebbe presentato in Aula - a sorpresa cambia il suo programma, cancella il viaggio a New York rinunciando all'Assemblea generale dell'Onu e decide di presentarsi in tribunale a Milano per il processo che lo vede imputato di corruzione in atti giudiziari. Milano sì, Napoli no: un vero e proprio schiaffo ai giudici della procura napoletana.