Tramonta lo scudo bis

Tramonta l'ipotesi di uno scudo fiscale bis mentre si fa strada la modifica delle norme previdenziali. Nel mirino le pensioni d'anzianità e l'età delle donne. Resta invece l'idea di spalmare il Tfr sulle buste paga. Il leader della Lega Umberto Bossi, che nei giorni scorsi aveva alzato un muro sulla questione delle pensioni, ora parla di una nuova priorità: «Il punto debole della manovra sono gli enti locali». Si riapre la partita previdenziale? Dal canto suo il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, spiega che la riforma delle pensioni, con un intervento sull'anzianità e sull'età delle donne, sarebbe una «grande occasione da non perdere» e che si potrebbe trovare per questo «una maggioranza più ampia di quella che sostiene il governo». Accelerando sull'adeguamento dell'età pensionabile delle donne potrebbe arrivare 1 miliardo l'anno e dalla revisione dei requisiti per le pensioni d'anzianità è possibile giungere a un risparmio di 800-900 milioni l'anno. Giuliano Cazzola (Pdl) sottolinea: «Spero che la Lega si renda conto che non è vero che toccare le pensioni di anzianità vuol dire toccare la povera gente». Chiede di alzare l'età pensionabile delle donne la radicale del Pd Emma Bonino che, tuttavia, invita ad accompagnare la misura con investimenti per l'accesso al lavoro e il welfare, che tornerebbe a favore delle stesse donne, «cittadine di questo Paese e non colf nazionali in sostituzione degli ammortizzatori sociali che non ci sono». Per quanto riguarda invece l'ipotesi del Tfr in busta paga vengono espresse perplessità sia dai sindacati, come la Cisl, sia dalle organizzazioni d'impresa come la Confcommercio. Mentre l'ipotesi di uno scudo fiscale bis viene smentita da tre ministri: Calderoli, Romani e Matteoli. Dunque la misura adottata dal governo nel 2009, che condonò i capitali illegalmente esportati all'estero dietro il pagamento di un'imposta del 5%, non sarà ripetuta. A dare voce alle indiscrezioni di un scudo bis con una tassazione oscillante tra il 7 e il 10% era stato il segretario del Pd Pierluigi Bersani che aveva ammonito l'esecutivo: «Ci si pensi molto bene, noi ci opporremo a questo ennesimo scandalo con ogni mezzo a disposizione». Intanto, in vista della convocazione per lunedì prossimo al Senato delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio per l'inizio dell'esame della manovra, i gruppi politici di maggioranza e opposizione si stanno organizzando per la presentazione di emendamenti e ipotesi migliorative. Il Pd avanzerà un numero ridotto di emendamenti «mirati» e si impegnerà per un coordinamento delle opposizioni sulle modifiche da apportare alla manovra. La prossima settimana arriverà sul tavolo del premier Silvio Berlusconi e del segretario del Pdl Angelino Alfano un pacchetto di modifiche alla manovra presentato dall'area pidiellina che fa capo a Claudio Scajola. Si tratta di tre emendamenti anticipati ieri dall'ex ministro dello Sviluppo economico. Nel dettaglio: uno prevede l'aumento di un punto dell'Iva, che porterebbe tra i 5 e i 6 miliardi di euro ogni anno e non deprimerebbe i consumi. Un altro emendamento riguarderà il quoziente familiare e, infine, si pensa a una modifica sul tema delle Province: no all'abolizione di quelle piccole e sì alle aree metropolitane. Anche il gruppo «Popolo e territorio», gli ex responsabili, presenterà degli emendamenti alla manovra. Soprattutto in materia previdenziale con l'introduzione di interventi che, a parere del capogruppo Silvano Moffa, potrebbero far incassare circa 7-8 miliardi di euro. Tra le misure annunciate l'aumento dell'Iva e un tetto agli stipendi dei parlamentari e dei manager pubblici. «Avevo chiesto a Berlusconi e Tremonti che a livello pensionistico ci fosse qualcosa di più - dice Moffa - In Parlamento c'è una proposta di legge bipartisan, firmata anche da Radicali e Pd, per consentire il prolungamento naturale del mantenimento del lavoro su base volontaria per chi ha raggiunto i limiti di età. Questo - assicura - consentirebbe di esentare le imprese dal pagamento di oneri previdenziali e permetterebbe ai lavoratori di ottenere un salario maggiore con un risparmio consistente che potrebbe attivare un fondo per l'occupazione giovanile».