Fini propone un "governo Maroni" Il leghista: restiamo fino al 2013

Gianfranco Fini, convinto che il governo Berlusconi sia «paralizzato e confuso» di fronte al «baratro» scavato da crisi e speculazione, propone un governo guidato da Roberto Maroni, che sia in grado di rilanciare l'economia e riscrivere la legge elettorale. Ma al presidente della Camera, che illustra la sua proposta in un'intervista a 'La Repubblicà, replica un coro di "no". Provengono, in primis, dal suo stesso "candidato premier" leghista, poi da tutto il centrodestra, dall'Idv, e dal Pd (che egli pure aveva incluso tra i possibili sostenitori del suo progetto). A difenderlo, gli uomini del suo Fli sono soli, nel nel silenzio dei centristi di Casini e dell'Api di Rutelli. Fini spiega che la sua ipotesi nasce, oltre che dall'urgenza imposta dai numeri dell'economia, dai suoi dubbi sul fatto che il neosegretario del Pdl Angelino Alfano possa fare uno «strappo» dalla linea del premier, che resterebbe comunque il «dominus» del partito, forse anche dopo il 2013. L'iniziativa del presidente di Montecitorio ha vita breve. A gelarla, nel primo pomeriggio, è il titolare del Viminale che si dice «indifferente» alle ipotesi che «circolano su nuovi esecutivi», perchè «consapevole» che si tratta solo di idee «strumentali». «Lavoriamo - aggiunge Maroni - per arrivare al 2013». Malgrado ciò, le principali forze politiche non rinunciano a dire la loro su quella che sembra l'intervista del giorno. Fabrizio Cicchitto parla di «spregiudicate manovre tattiche» da parte di Fini e del Terzo polo. «Un eccesso di tatticismo che - sottolinea il presidente dei deputati Pdl - è solo segno della difficoltà politica in cui si trovano le varie forze che compongono il Terzo polo». Il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, è certo che il governo Berlusconi «completerà la legislatura raggiungendo tutti i suoi obiettivi. Con buona pace - dice - di una opposizione divisa, che predica nel deserto, francamente debole e senza prospettiva, aggrappata alla speranza del ribaltone». «Oggi Fini - osserva poi Alfredo Mantovano, sottosegretario agli Interni - evoca un governo post-Berlusconi col sostegno del Pd: è la fine del centrodestra 'diversò immaginato dallo stesso Fini in alternativa a Berlusconi». L'Idv non cambia la posizione espressa nelle ultime settimane: niente governi tecnici, di unità nazionale, e meno che mai a guida leghista. Antonio Di Pietro conferma che la via maestra è sempre il voto, oltre alla mobilitazione dei cittadini e alla 'vigilanzà fatta attraverso il web. Fini non convince nemmeno il Pd. Il coordinatore della segreteria, Maurizio Migliavacca sottolinea che «avere un governo senza Berlusconi alla presidenza del Consiglio, ma seduto in panchina a dare ordini e a guidare di fatto la squadra, non sarebbe una soluzione all'altezza dei problemi che gli italiani hanno di fronte». «Qualunque governo senza Berlusconi a Palazzo Chigi è senz'altro un'evoluzione positiva», dice il vicesegretario Enrico Letta confermando al contempo che i Democratici non intendono appoggiare governi che siano guidati da esponenti dell'attuale esecutivo, «principale responsabile dei guai in cui si trova l'Italia». Più tranchant Ivan Scalfarotto, vicepresidente del partito: «L'ipotesi di un governo Maroni, che veda insieme Pd e Lega è semplicemente improponibile. La Lega è un movimento che ha nel suo strumentario politico elementi di xenofobia, razzismo e di estrema destra. Non è pensabile nessuna alleanza con loro».