Adesso D'Alema è contro l'astensione

Il neopresidente della Corte Costituzionale Alfonso Quaranta lo aveva dichiarato già lunedì: «Personalmente ritengo che la Corte non possa fermare il referendum. La questione sarà comunque esaminata domani mattina». E ieri mattina i 13 giudici della Consulta hanno svolto diligentemente il loro dovere. Nessuna sorpresa: il quesito referendario sul nucleare, riformulato dalla Cassazione dopo l'entrata in vigore delle norme della legge "omnibus", ha tutti i requisiti necessari di «chiarezza, omogeneità e univocità». Quindi domenica e lunedì, i cittadini che si recheranno alle urne per esprimere il proprio voto, riceveranno, come previsto, quattro schede: due sulla privatizzazione dell'acqua, una sul legittimo impedimento e una sul nucleare. Fallisce così l'ultimo tentativo del governo di escludere dalla consultazione il quesito sull'atomo. E ora l'attenzione di tutti si sposta sul raggiungimento del quorum. L'impressione è che l'obiettivo sia a portata di mano. Anche perché, dopo le parole del Capo dello Stato Giorgio Napolitano («Sono un elettore che fa il suo dovere»), si moltiplicano le dichiarazioni di coloro che andranno a votare. Ieri è stata la volta, tra gli altri, di Emma Marcegaglia e Susanna Camusso. Posizioni diverse che però non impediscono a Pier Luigi Bersani di fare previsioni: «Si vince facile, come a Milano». E se il leader del Pd si mostra sicuro, il Pdl e diversi esponenti del governo annunciano e difendono la scelta dell'astensione. Annunci che scatenano Massimo D'Alema: «Chi non va a votare non è degno di governare. Per ogni membro del governo che dice di non recarsi alle urne ci sono migliaia di italiani che invece hanno deciso di votare. Il voto, qualunque sia la scelta, è un'espressione della democrazia». Discorso ineccepibile se non fosse che lo stesso D'Alema, nel 2005, sosteneva tutt'altra posizione. «Ritengo - spiegava parlando del referendum sulla procreazione assistita e della posizione della Cei - che astenersi sia una posizione legittima, come votare sì o no. È una terza scelta che i costituzionalisti hanno previsto». Forse il lìder Maximo aveva ancora vivo nella memoria ciò che era accaduto un paio di anni prima quando i Democratici di Sinistra, dopo una lunga discussione (il Correntone espresse parere contrario), avevano deciso di fermare con il non voto, la consultazione dell'articolo 18. Era il 2003 e il segretario Piero Fassino dichiarava: «Una vittoria dei sì determinerebbe una rottura sociale della quale si avvantaggerebbe solo la maggioranza. Anche l'astensione esprime una volontà precisa prevista dalla Costituzione che richiede un quorum per rendere efficace il referendum». D'Alema era il presidente del partito. E mentre i Democratici sono alle prese con un vuoto di memoria, scoppia la polemica sul voto degli italiani all'estero. Il quesito sul nucleare su cui si sono espressi 3,2 milioni di connazionali residenti fuori Italia è diverso da quello che verrà presentato agli elettori sabato e domenica, ma ormai sembra che non ci sia più nulla da fare. Così Antonio Di Pietro lancia la sua proposta: non conteggiateli nel quorum.