Berlusconi torna tra i Grandi "Ora bombardiamo Gheddafi"

La svolta è maturata venerdì scorso. Quando a mezzogiorno Silvio Berlusconi ha incontrato John Kerry, il presidente della commissione Esteri del Senato Usa. E soprattutto candidato per il partito democratico alle presidenziali del 2004, quelle che riconfermarono George Bush. Kerry (fu il primo big del partito dell'asinello a mollare la Clinton e a schierarsi con Barack) è venuto a Roma portando un messaggio di Obama. E il messaggio era chiaro: l'Italia non può più restare a metà strada. Amici di Gheddafi, anzi no: il Colonnello deve andare via. Partecipiamo all'azione militare ma senza sparare un colpo. I nostri aerei volano ma non bombardano. No, non era più possibile. Il pressing sull'Italia è stato pesante. Soprattutto da parte degli Stati Uniti. Prima la Clinton con Franco Frattini, poi Robert Gates con Ignazio La Russa. E infine Obama. Indirettamente, attraverso Kerry. Quindi a voce. Gli americani sono convinti che dopo quaranta giorni di bombardamenti non c'è più tempo da perdere. Gheddafi o cade ora o resta in sella. I servizi segreti hanno informato che gli stanno arrivando rinforzi. Non più solo mercenari ben pagati. Ma anche Al Qaeda. Uomini, informano gli 007 internazionali, stanno entrando nei confini libici. Insomma, per dirla chiara: Berlusconi ha capito che stava passando l'ultimo treno. L'ultimo treno dei Grandi. L'attacco finale al leader di Tripoli sta per essere sferrato. E l'Italia non può più traccheggiare: o di qua o di là. La nostra partecipazione è fondamentale soprattutto dopo il rifiuto dei tedeschi. Siamo gli unici che possono far pendere l'asse. Venerdì sera Berlusconi ha continuato a ripetere ai suoi interlocutori che non avrebbe ceduto: niente bombardamenti. Tanto che Vittorio Sgarbi, che l'ha visto proprio venerdì sera, commentava scherzando: «Era antinuclearista e pacifista, mi sembrava di avere di fronte Gino Strada». Tra Pasqua e Pasquetta la telefonata di Obama, insistente e pressante. Berlusconi cede, informa gli alleati (Usa e Gb ma non i francesi) e solo ieri sera dirama una nota con la quale dà l'ok ai bombardamenti: «Il presidente Berlusconi ha informato il presidente Obama che l'Italia ha deciso di rispondere positivamente all'appello lanciato agli Alleati dal segretario generale della Nato», il quale Rasmussen il 14 aprile aveva chiesto più mezzi. «A tal fine l'Italia - si legge ancora - ha deciso di aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell'intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica. Con ciò, nel partecipare su un piano di parità alle operazioni alleate, l'Italia si mantiene sempre nei limiti previsti dal mandato dell'operazione e dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Protesta la Lega con Roberto Calderoli: «Non so cosa significhi ulteriore flessibilità, ma se questo volesse dire bombardare non se ne parla. Il mio voto in questo senso non l'avranno mai (ma non ci sarà un nuovo voto parlamentare, ndr). Personalmente non avrei dato neanche questa disponibilità se non in cambio di un concreto concorso delle forze alleate al respingimento dell'immigrazione clandestina e alla condivisione del peso dei profughi». D'accordo con lui Roberto Castelli. Subito dopo La Russa fa sapere: «Non credo che aumenteranno i rischi per l'Italia. La missione è unica prima facevamo una parte nella squadra e ora nel facciamo un'altra. Dunque non ci sono più rischi o meno rischi, nè per i militari nè per il nostro Paese». Di sicuro per l'Italia da ieri sera politicamente tutto è cambiato.