Il 25 aprile lo festeggiano i fascisti

Non è mica per fare i rompiscatole. Ma quest'anno, tra il 25 aprile che cade di Pasquetta e il Primo Maggio che segna la Beatificazione di Karol Wojtyla, la Sinistra si trova afflosciati - come avviene al reggipetto di una donna in menopausa - i due suoi tradizionali eventi di primavera. Guardatevi intorno. Di manifesti sull'«Anniversario della Liberazione dal Nazifascismo» ce ne sono a contarsi sulla punta delle dita. Paradossalmente a risvegliare l'attenzione sono stati certi provocatori dell'ultradestra che hanno spernacchiato con cattivo gusto i nostalgici del Cln appiccicando a un passo dal Campidoglio e dal Ghetto, negli spazi pubblicitari del Comune di Roma, tazebao con su scritto «25 aprile...Buona Pasquetta» e tre fasci littori trasformati in punti esclamativi. La foto di camicie nere ha fatto infuriare Mario Adinolfi, il blogger vicino al Pd. Ha chiesto ad Alemanno di staccare i manifesti, il sindaco lo ha subito fatto. Anche perché parecchi li hanno appiccicati su quelli del Partito Democratico: un cielo azzurro, sfumato si badi bene, saluta il 25 aprile con l'etereo slogan «Libera la democrazia». Altro? Dichiarazioni di politici delle due sponde, dibattiti tra storici duri e puri e revisionisti, rêverie di nonni partigiani tirati fuori dagli armadi con la bandiera del Anp? Nisba. Pure sui giornali il rigurgito di polemiche resistenzialiste e destrorse latita. Nessun travaglio per Travaglio, ha finora taciuto e meditato la grintosa Concita De Gregorio. Il corollario è che non c'è stato bisogno di illuminate menti impegnate a lanciare - segno di bon ton - civilissimi appelli alla cosiddetta «memoria convidisa». Non è affatto un male non sorbirsi una volta tanto l'acredine che rovina la festa. È un giorno memorabile per la storia d'Italia. Segna la nascita di un Paese fuori dal terrore, aperto al liberismo Usa, seppure «sorvegliato» dal Cremlino. La democrazia risorge dopo la radiosa mattina del '45, insieme col trasformismo di quelli che stavano da una parte e capirono che conveniva stare dall'altra. Lo Stivale rinvigorisce coi soldi del Piano Marshall rimediati dal Biancofiore e s'avvia sul rorido campo del boom economico. Insomma, celebrare il 25 aprile senza rancore è proprio un bel celebrare. E poi la grancassa del Centocinquantenario ha contribuito a togliere l'amaro, come il limone spruzzato sui carciofi. Ok, allora. Del resto Bersani e compagni tutto fanno che usare l'acceleratore. Non lo premono per le strategie a venire, figurati sulla retorica del passato. Pierluigi sarà sul palco a Milano con Susanna Camusso, segretario Cgil. Ci sarà pure Letizia Moratti, con coraggio perché l'altr'anno fu fischiata. Nessuno dei tre parlerà, ha deciso il Comitato permanente antifascista, convinto della linea bipartisan e soft. Ma pure è capitato che qualcuno nel Pd abbia dimenticato. A Bologna il 21 aprile scorso, sessantaseiesimo anniversario della Liberazione nella città felsinea. Alla cerimonia dell'Anp c'era solo Manes Bernardini, candidato sindaco della Lega e non Virginio Merola, il suo avversario del Pd. «Causa indisposizione», l'ha giustificato l'ufficio stampa. Ma in tante città è tutto un parlare d'altro. «25 aprile alternativo» ha titolato qualche giorno fa «la Repubblica» elencando le feste di domani. Così si scopre che a Padova, la città di Toni Negri, fanno una maratona. A Firenze suona l'Orchestra del Maggio Fiorentino. A Siena ci sarà lo spettacolo di Simone Cristicchi «Li Romani in Russia» sulla campagna più sciagurata dalla seconda guerra mondiale. E a Roma, nel popolarissimo quartiere del Pigneto, oggi e domani tengono banco circo, sport, cinema. La kermesse è dedicata a Vittorio Arrigoni, il pacifista ucciso a Gaza. Rosario Bentivegna, il partigiano di via Rasella, cede il posto a un contemporaneo.