L'imprevisto della storia

Successione. Parola della politica che è sempre più associata al nome di Berlusconi. Non c’è niente di sbagliato a pensarlo perché il Cavaliere è protagonista di un ciclo politico che non ha eguali in Occidente. Berlusconi c’era prima di Obama, Merkel, Sarkozy, Cameron, Putin, Medvedev, Zapatero, Erdogan e molti altri leader che si sono succeduti sulla scena. Clinton, Bush jr., Gonzalez, Aznar, Mitterand, Chirac, Eltsin, Major, Blair, Brown, Kohl, Schroder, sono spariti dalla narrazione pubblica, ma lui, il Cavaliere, è ancora in sella. E questo non è un suo demerito, semmai un motivo di riflessione sui meccanismi di partecipazione alla vita politica. Abbiamo di fronte a noi diciassette anni di storia in cui Berlusconi ha alternato vittorie e sconfitte, ma ogni volta che è caduto ha avuto la tenacia di rialzarsi, fare «la traversata nel deserto» e tornare al comando. Tutto questo Berlusconi l’ha fatto mettendo in piazza il suo conflitto di interessi, facendolo votare dagli elettori (che non l’hanno considerato decisivo), resistendo all’assalto giudiziario, dispiegando la sua forza economica, le sue televisioni, la sua energia e capacità di capire gli umori del Paese. Ha vinto quasi sempre le elezioni e perso il treno di molte riforme. Ma ha i voti e governa legittimamente. Molti dei suoi avversari in Parlamento sono in politica da più anni di Berlusconi e certamente sono ben più logori e con nessuna chance di batterlo nell’urna. Il problema di un ricambio generazionale dunque non è nel centrodestra, ma nel Paese. La classe politica costituisce un blocco granitico inamovibile. Per questo la successione a Berlusconi sarà come la discesa in campo di Berlusconi: qualcosa di inedito e totalmente nuovo, un felice imprevisto.