Il premier: "Serve la democrazia"

«Siamo tutti concordi che dobbiamo muoverci insieme e che l'Europa deve preparare un Piano Marshall di sostegno di tutti i Paesi che stanno compiendo questo cambiamento». Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi lasciando ieri sera il vertice del Ppe di Helsinki nel quale si è discusso anche di Libia e crisi nel Mediterraneo. «Io ho parlato del piano umanitario che stiamo realizzando e ho invitato gli altri Paesi a fare altrettanto: c'è stato totale accordo», ha sintetizzato il presidente del Consiglio. Il vertice di Helsinki non ha affrontato il tema di un eventuale intervento armato da parte dei Paesi Europei in Libia. «Converremo su ciò che deciderà la comunità internazionale», ha chiosato il premier rispondendo alle domande dei giornalisti che chiedevano quale fosse la posizione dell'Italia sull'eventualità di introdurre misure di non sorvolo dello spazio aereo libico dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni. Poco prima, a Ginevra, Napolitano era sceso in campo per stigmatizzare la situazione in Libia: per farlo ha scelto il Consiglio per i diritti umani di Ginevra, in occasione della sua visita alle Nazioni Unite. «In Libia - ha detto il Capo dello Stato - la situazione si è complicata, ormai «siamo di fronte a un atteggiamento di aperta sfida del colonnello Gheddafi alla comunità internazionale, a una provocazione nei confronti dei protagonisti della vita internazionale che hanno detto basta ai bombardamenti, basta alla repressione. Gheddafi deve fermare ogni azione militare diretta contro il suo popolo». Quindi, ha aggiunto: «L'Italia sosterrà qualunque sforzo affinché la Libia rispetti i diritti umani e condivide la proposta di un'inchiesta internazionale indipendente». Senza perifrasi il discorso del Presidente della Repubblica: ha espresso sdegno e anche la preoccupazione che a Tripoli possano maturare «sviluppi imprevedibili allo stato attuale», perché, a differenza dell'Egitto, in Libia non c'è un esercito «con una propria autonomia» in grado di depotenziare Gheddafi schierandosi con la popolazione. «Bene ha fatto Barack Obama - ha sostenuto Giorgio Napolitano - a parlare con così grande fermezza, e non c'è da temere che ciò preluda a un impiego unilaterale della forza militare degli Stati Uniti. Gli Usa non sono disposti a usare la forza senza un mandato e un coinvolgimento internazionale. Non assumeranno nessuna iniziativa militare se non ci sarà una concertazione, un formale consenso in sede di consiglio di sicurezza dell'Onu». E l'Italia? «Il nostro Paese - ha assicurato il Capo dello Stato - sosterrà qualunque sforzo» perchè la Libia rispetti i diritti umani e sia riammessa al Consiglio per i diritti umani dell'Onu da cui è stata sospesa«. La prossima settimana, ha aggiunto, la questione libica sarà il primo argomento al Consiglio Supremo di Difesa convocato al Quirinale». È ovvio che la crisi possa produrre nuovi afflussi di immigrati e rifugiati in Italia. Napolitano non lo nasconde, ma invita a vedere il problema innanzitutto nella sua dimensione reale. E ha riordato come in dieci anni questi flussi siano cresciuti di due volte e mezza e gli stranieri presenti in Italia sono il 7%. Insomma, è la considerazione implicita, non si può parlare di invasione, abbiamo meno immigrati di altri paesi europei. Bisogna, inoltre, distinguere fra immigrati e rifugiati in cerca di asilo, intervenendo con politiche di respiro europeo. Sicuramente, le frontiere italiane verso la sponda africana vanno sorvegliate, ed è giusto l'intervento europeo richiesto dal nostro governo: trattandosi di una frontiera comune dell'Ue «la gestione non può essere lasciata ai singoli Stati membri». Ma, allo stesso tempo, l'Italia deve affrontare con serietà e lungimiranza il problema della popolazione immigrata, ponendosi l'obbiettivo della sua «integrazione» da perseguire offrendo opportunità di partecipazione alla vita sociale e chiedendo in cambio il rispetto di leggi e tradizioni del nostro paese.