Senza politica restano i pm

Tutto scorre, panta rei, non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume e la legge inesorabile del tempo governa ogni nostra azione, e proprio per questo penso che le lancette dell’orologio della nostra piccola storia non possono restare ferme ai primi anni Novanta e alla rivoluzione in toga. È ora di voltare pagina. Anzi, è giunto il momento di cambiare libro. Per farlo ci sono molte strade, ma una sola in realtà è la via maestra: riportare l’articolo 68 della Costituzione alle sue origini, a quello che i padri Costituenti avevano saggiamente deciso agli albori della Repubblica per impedire al potere giudiziario di esondare o di essere utilizzato per far fuori l’avversario politico. Senza un’immunità parlamentare attiva c’è spazio solo per il ricatto e la sopraffazione.   Il martellamento giudiziario del Cavaliere sarà in futuro il destino di qualche altro. A destra o a sinistra, poco importa. Tutti i poteri senza un argine diventano naturalmente dispotici, per questo c’è bisogno di un bilanciamento. La Giustizia non fa eccezione, anzi non essendo i magistrati eletti, sono naturalmente irresponsabili. E in Italia per giunta si autogovernano. Dovrebbe essere il centrosinistra per primo a capire che così non si va avanti, che il rischio concreto è quello dell’implosione del sistema. E invece niente, si attende che la magistratura porti a casa lo scalpo di Berlusconi e questo può bastare per cominciare un’altra partita. Che errore. Non si costruisce una nuova stagione sulle ceneri di una rivoluzione in toga. Non c’è futuro se non c’è più politica.